La tragedia dei profughi provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa è una grave crisi umanitaria e geopolitica che minaccia anche il futuro dell’Unione europea. Perché il progetto europeo non era solo la costruzione di un mercato, anche se alcuni paesi lo riducono a questo, ma la proiezione in Europa e nel mondo dei valori umani che sono alla base di un mondo fondato sulla pace e sulla solidarietà tra le specie. La xenofobia, il razzismo e l’egoismo che emergono dalle reazioni di molti governi e molti cittadini minano, in pratica, il sogno europeo.
L’Europa che ora molti difendono è una società anziana e spaventata, circondata da un mondo di un miliardo di africani percepiti come i nuovi barbari. E contro i quali vengono alzate barriere fisiche, legali e militari per sigillare i nostri confini e, in particolare, le coste del Mediterraneo. Sforzo vano, a medio termine. Naturalmente il flusso di immigrati potrebbe essere ridotto sostanzialmente con una politica di sviluppo condiviso, a cui l’Europa, nel proprio interesse, deve contribuire. Ma una questione a sé sono i rifugiati, in fuga da guerre dal Medio Oriente e dall’Africa, causate dalla stupidità e dall’ambizione di Stati Uniti e Russia, ma anche dell’Europa (ricordatevi Tony Blair, José María Aznar, Nicolas Sarkozy e gli altri autoproclamati difensori della civiltà).
Su questo pianeta, così com’è, o ci salviamo insieme o andiamo tutti all’inferno
Milioni di persone sono state costrette alla fuga e sono ancora senza casa, perché non dobbiamo dimenticare le guerre infinite in cui sono immerse ampie aree dell’Africa. E quando queste persone sono in mare, devi salvarle prima di discutere. E poi devi accoglierle e infine integrarle quando si tratta di rifugiati. Un processo lungo e complesso che viene negato da paesi come l’Italia e dai regimi xenofobi dell’Europa centrale e orientale.
Il gesto del premier spagnolo Pedro Sánchez di accogliere la nave Aquarius alla deriva (segno di un politico che non rinuncia ai princìpi umani, un po’ come Angela Merkel) ha dato origine a una nuova dinamica in cui si finalmente si parla e si negozia tra i governi. Perché solo dalla cooperazione paneuropea può emergere una politica globale e differenziata su immigrazione e asilo. Politica che dovrebbe includere lo sviluppo condiviso nord-sud in relazione all’immigrazione, e lotta legale contro le mafie criminali che trafficano con gli esseri umani. Tuttavia, nonostante un primo tentativo di di compromesso guidato da Sánchez, Macron e Merkel, tutto è stato lasciato nella nebbia perché gli xenofobi e i neonazisti oggi hanno l’iniziativa, oltre alla presidenza austriaca dell’Unione europea.
E mentre nelle sale del potere si discute, migliaia di esseri umani vedono le loro vite distrutte senza un orizzonte di salvezza. Se non vi importa di questo, avete smesso di essere umani, e forse un giorno arriverà il vostro turno di vedere la porta chiudersi davanti ai vostri cari. Su questo pianeta, così com’è, o ci salviamo insieme o andiamo tutti all’inferno.
Ma s’intravede qualche raggio di speranza. Se invece di guardare ai governi, paralizzati dalle loro lamentele, guardiamo le persone. Alle migliaia di cittadini che con generosità vanno in aiuto ai propri simili. E sono disposti a fornire alloggio, lavoro, istruzione a coloro che ne hanno urgente bisogno. Questa è la strategia alla base di una delle iniziative più esemplari ed efficaci che si stanno realizzando in Europa: i corridoi umanitari proposti e organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio con il sostegno diretto di Francesco. Un progetto che cerca di affrontare il problema chiave: l’integrazione nelle società in cui vivono i rifugiati. Evitare campi temporanei o ghetti assistiti, fonte di discriminazione e xenofobia.
Il papa ha insistito sulla necessità di organizzare l’accoglienza da parte della società – che siano le famiglie, le parrocchie e le associazioni – per risolvere immediatamente il problema di dove vivere, lavorare, imparare la lingua e mandare a scuola i bambini. Per fare questo, individuano i rifugiati nei campi in cui sono arrivati e organizzano il loro trasferimento legale verso i paesi europei. Come ha fatto lo stesso papa portando sull’aereo vaticano 22 profughi dall’isola di Lesbo.
Questi sono i corridoi umanitari: quelli che vanno dalla geografia della disperazione ai paesi con i quali la Comunità di Sant’Egidio ha stretto accordi. Al momento Italia, San Marino, Belgio, Francia. E recentemente Andorra, che ha promesso di accogliere i rifugiati dalla Somalia e dall’Eritrea. Tutti i costi sono coperti da donazioni. L’unica cosa che serve ai governi è un visto per le famiglie individuate e accolte da Sant’Egidio.
La Spagna non ha sottoscritto questi accordi. E se il ministro degli esteri Josep Borrell pensa, come ha giustamente affermato, che la questione dei rifugiati è la più grave crisi potenziale in Europa, farebbe bene a facilitare quei visti in collaborazione con il ministero dell’interno. Perché solo se la società civile, o le persone, vengono mobilitate, si può creare un tessuto sociale in cui i rifugiati non sono un problema, ma un contributo al paese ospite che ha bisogno di nuovo sangue per compensare il suo invecchiamento. In altre parole, i corridoi umanitari non solo salvano le persone senza alcun costo per il governo, ma consentono ai cittadini di essere parte della soluzione.
Finora sono solo poche migliaia le persone che hanno viaggiato attraverso questi corridoi. Ma anche così sono più dei rifugiati accolti da quattordici paesi europei insieme. E se altre organizzazioni, compresi i comuni, adottassero iniziative simili, l’energia positiva che esiste in mezzo a noi potrebbe essere canalizzata per contrastare gli istinti distruttivi della mancanza di solidarietà che ci minaccia.
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano spagnolo La Vanguardia.
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