La vicenda dell’operaio edile Altair Antunes Guimarães di Rio de Janeiro è un tipico caso di “effetto collaterale” delle grandi manifestazioni.

Mentre il calcio d’inizio dei Mondiali si avvicina, la gente sembra essersi dimenticata delle migliaia di famiglie sfrattate per fare posto ai lavori di ampliamento, di ammodernamento o di costruzione delle infrastrutture. La sensazione è che le imprese edili abbiano vinto la battaglia e le famiglie si siano ormai rassegnate ad abbandonare le loro case.

Non è il caso di Altair, 60 anni, e delle cinquecento famiglie che vivono a Vila Autódromo. Questa ex comunità di pescatori che si è trasformata in favela è a rischio di evacuazione dalla metà degli anni novanta. Con l’assegnazione delle Olimpiadi del 2016, il rischio è diventato più concreto. Il comune vorrebbe costruire il villaggio olimpico lì vicino e ha progettato un “condominio extra lusso” proprio dove vivono Altair e i suoi vicini.

Sarebbe la terza volta che l’amministrazione di Rio de Janeiro lo caccia per fare spazio ai progetti di sviluppo di una città che non si è mai curata dei suoi vecchi residenti. Altair è andato ad abitare a Vila Autódromo dieci anni fa, quando è stato sfrattato da Cidade de Deus perché l’amministrazione doveva costruire un’autostrada. Era stato già sfrattato all’età di 14 anni: la sua famiglia abbandonò Ilha dos Caiçaras, a sud della laguna Rodrigo de Freitas. Questa volta lui e i suoi vicini combatteranno. E resteranno.

Traduzione di Fabrizio Saulini

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