Un motivo di preoccupazione per i giornalisti è la quantità d’informazioni sbagliate diffuse all’estero sui Mondiali. Un paio di settimane fa il freelance danese Keldorf Mikkel Jensen ha scritto che non seguirà più i Mondiali perché a Fortaleza i bambini di strada “vengono uccisi per ripulire la città durante il torneo. Li uccidono mentre dormono, in una zona piena di turisti”.
Quest’accusa è stata subito smentita dalle ong che lavorano con i bambini di strada a Fortaleza. Infondata è anche l’accusa rivolta al governo di sottrarre denaro dalla sanità e l’istruzione per finanziare i Mondiali. Lo sfruttamento sessuale delle ragazze o la repressione degli ambulanti erano problemi che esistevano già prima dei Mondiali, ma sono stati ingigantiti con l’avvicinarsi dell’evento. Quando lo faccio notare ai corrispondenti stranieri, loro mi chiedono perché i brasiliani sono così arrabbiati.
Perché vogliono approfittare dell’attenzione internazionale per protestare contro la Fifa e il governo, che hanno speso troppo e non hanno avviato un dialogo con le popolazioni coinvolte. D’altra parte gli stadi ristrutturati su misura per i vip fanno pensare ai brasiliani di non essere stati invitati alla festa. In un certo senso, chi manifesta ha già raggiunto il suo obiettivo: l’opinione pubblica non guarderà più nello stesso modo un torneo organizzato dalla Fifa. È il nostro modo di partecipare alla più grande festa del mondo.
Traduzione di Fabrizio Saulini
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