I parlamentari che il 3 febbraio hanno assistito nell’emiciclo della camera dei deputati al discorso d’investitura di Sergio Mattarella, dodicesimo presidente della repubblica italiana, devono avere ancora le mani che gli bruciano. Infatti hanno applaudito per 42 volte nei 30 minuti dell’intervento. E probabilmente, a forza di alzarsi e di sedersi, avranno anche male alle ginocchia. Una ginnastica a cui si sono piegati anche i parlamentari del Movimento 5 stelle e quelli di Forza Italia, che non hanno votato per lui.
Il tradizionale messaggio del neopresidente è in politica l’equivalente delle figure obbligatorie nel pattinaggio artistico. Si tratta di non allontanarsi troppo dalle tracce dei predecessori e non saltare nessuna voce della lista dei doveri imposta al nuovo inquilino del Quirinale. Da questo punto di vista Mattarella è stato perfetto. Generale e consensuale.
Dalla lotta contro la mafia e la corruzione (”priorità nazionale”) al ruolo delle donne e dei giovani nella società, dalla riforma della costituzione all’omaggio alla memoria della Resistenza e ai suoi predecessori Carlo Azeglio Ciampi (assente) e Giorgio Napolitano (presente) e alla citazione di papa Francesco (assente), dalla necessità che l’Italia continui nel suo sforzo di risanamento ai pericoli di un eccesso di austerità, dal meridione all’Europa, il presidente della repubblica ha toccato tutti i problemi e le sfide dell’Italia contemporanea. Ha assicurato a tutti che sarà “un arbitro imparziale”, ma ha anche aggiunto: “I giocatori dovranno aiutarmi”.
Un po’ più tardi, dopo che Mattarella e Matteo Renzi hanno raggiunto il Quirinale a bordo della famosa Lancia Flaminia scortati da 36 corazzieri a cavallo, la maggior parte di questi “giocatori” era presente in un salone del palazzo presidenziale. Compresi quelli che avevano ricevuto il cartellino rosso come Silvio Berlusconi, condannato ed escluso dal parlamento ma sempre padrone (seppur contestato) di Forza Italia. Un primo errore arbitrale? Una caduta di stile? Una leggerezza del protocollo?
Meno formale e compassata, questa cerimonia ha permesso al presidente del senato, l’ex giudice antimafia Pietro Grasso che ha assicurato l’interim della presidenza della repubblica dopo le dimissioni di Napolitano, di evocare con discrezione nel suo discorso i legami che da 35 anni lo uniscono al nuovo capo dello stato. Infatti il 6 gennaio 1980, quando fu ucciso a Palermo Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, Grasso, che all’epoca era un giovane magistrato, fu uno dei primi ad arrivare sul luogo del crimine.
Alle 12,30, dopo tre inni nazionali e uno sfoggio di uniformi di ogni genere, le cerimonie erano finite. A Mattarella rimangono sette anni per dare all’Italia la sua impronta, e per scoprire le 1.200 stanze della sua nuova casa di 190mila metri quadrati.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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