1. Terrae, Cicirì francisi

“Ah, Sicile! On est venus pour tout voler”: così gli invasori francesi a Palermo. Nel 1282 i mujahidin locali se ne hanno a male, e inizia la rivolta dei Vespri siciliani. È uno degli episodi di storia sicula ripercorsi da questa folle band di Barcellona Pozzo di Gotto per violoncello, contrabbasso, percussioni, elettronica e una quantità di voci e dialetti nel nuovo album, Unknown people. Musica popolare in vena progressive, ascoltabile assai, banale non mai; come un’audioguida sonora alle viscere della Trinacria.

2. Saba, Djibouti road

E ci sono anche memorie di altre campagne d’invasione, dell’italica iprite e di faccette nere dell’Abissinia, nel nuovo lavoro dell’italo-somala Saba, quasi una popstar segreta la cui musica dovrebbe scorrere molto di più. Affiancata da Fabio Barovero al timone del sound, Saba naviga l’Africa assetata e si districa tra tradizioni e lingue (aramaico, italiano, inglese, somalo) con un’anima esploratrice, sospesa tra testimonianza partecipe e un genuino istinto che la mette, fortunatamente, in sintonia con il lato pop di secoli di sofferenze e travagli.

3. Chrissie Hynde, My father

È un piacere ritrovare Hynde, fichissima cantante rock dei Pretenders in epoche lontane, come interprete di un pezzo di Judy Collins, più nota come interprete di pezzi altrui ma riemersa con una selezione dal suo canzoniere affidata a gente come Rufus Wainwright, Leonard Cohen, Dolly Parton e Joan Baez. Che ci stiamo a raccontare? Anche la vicenda di un padre minatore dell’Ohio che promette Parigi alla figlia, e della piccola donna che se la conquista da sola in un’invasione innocente, può diventare una pagina di storia del mondo.

Internazionale, numero 873, 20 novembre 2010

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