1. Mezzala, Ritrovare il gol
Recuperare in chiave esistenziale Bruno Pizzul riporta a un mondo da teenager in cui il calcio non era ancora del tutto marcio. Darsi Mezzala come nome d’arte è impegnativo, ci si mette una maglia numero 10 e ci si arrotola i calzini, perché a quel punto bisogna almeno far finta di giocare come Platini, Zico o Maradona, colpi di genio lanci illuminanti e gol su punizione. Michele Bitossi gioca bene, ma sembra più vicino al mediano stile Ligabue, diciamo un libero. Ed è un complimento al suo songwriting sicuro, da qualche parte tra Brunori Sas, Baustelle e roba brit.
2. Marco Notari, Hamsik
Giochi-aperitivo e catalessi di provincia, tv al plasma, amfetamine all’autogrill e capelli gomminati: ogni epoca ha i campioni che si merita. In questo mondo di attaccanti che non sanno più fare gol e di simulacri di un benessere esausto, un astigiano che non è Paolo Conte, ma più un cantautore da fantacalcio e (nel suo terzo album, Io?) si avvoltola in un’elettronica onirica e si misura col presente e non col Subbuteo. Con una canzone, un pensiero alla postmoderna punta partenopea, e uno alle brutte figurine che non c’è più necessità di raccogliere.
3. Mariposa, Notti magiche
Ok, Roberto Baggio è la coscienza sporca dei calciofili, ma non pensiamoci più. Non è più ora di estate, di anni novanta e di Bennato e Nannini, e non c’è nessun motivo per celebrare il mercimonio di calcio e musica. Ma nel Cantanovanta Vol. 2 c’è pure questa cover del sublime/demente inno di Italia 90, e nessuno si azzardi a dire che era una canzone migliore quella di De Gregori, perché l’essenza del calcio non è la paura del portiere o del rigorista, ma l’elemento magico del sogno affidato alla pirlaggine pop del pallone, la sua scemenza amplificata sugli spalti.
Internazionale, numero 916, 23 settembre 2011
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