1. Bachi da pietra, Coleotteri
Certe coppie di maschi funzionano a prescindere dalla sessualità. “Sei libero/coleottero/ di essere come ti vogliono” è una frase di tagliente delicatezza, ed è quasi il manifesto di questi Bachi (due insetti perfetti dell’underground: Giovanni Succi, di Nizza Monferrato, e Bruno Dorella, milanese) che qui s’inventano il cantautorato death metal: bordate di batteria e ruggiti elettrici di chitarra lungo un album che, come s’intuisce dal titolo, Quintale, non vuol certo essere rubricato alla voce “musica leggera”, ma trasuda una poetica della sensibilità ferita.
2. Talk Talk, Chameleon day
È la band di Mark Hollis, fenomeno pop a sventola nella prima metà degli anni ottanta poi disperso nella ricerca di forme più complesse di musica. Hollis perse la stima dei contabili, guadagnandosi però i galloni di padrino del postrock; coerentemente la compilation da lui medesimo curata, Natural order 1982-1991, rimette in circolo le sue cose di meno facile ascolto, vibranti farfalloni notturni che sembrano non muoversi mai e però lasciano dietro di sé una scia di malinconico lirismo (però che nostalgia per Such a shame, It’s my life, Life’s what you make it).
3. The Irrepressibles, Two men in love
Nella sua Opera struggente, Dave Eggers annota che tra etero e omo ci si situa tutti da qualche parte su una scala da 1 a 10. Questa straordinaria band inglese compete nella fascia altissima: ai livelli di gay-scienza di Antony & the Johnsons, ma in versione orchestra. Il genius multimediale Jamie McDermott oltre a una decina di membri intreccia voci e delicate strumentazioni. Slanci lirici e aperture epiche da stramaledette drama queen in grado di dare (lungo tutto il nuovo album, Nude) pelle d’oca, respiro e anima alla ricerca dell’eterno mascolino.
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