1. Edmondo Romano, Ninna nanna

Addormentarsi sì, ma con la dignità di una ninnananna classica orchestrata con accortezza, e con la mano delicata di un compositore che sa trattare bene i suoi classici. E addormentandosi par di tornare a certe felicità infantili che reggeranno negli anni (la colonna sonora del Pinocchio televisivo Rai); o, rimanendo svegli, ci si può addentrare nell’afflato misticheggiante ed emozionato di Romano, un genovese di mondo che con il suo ultimo lavoro, Missive archetipe, circumnaviga mondi di poesia, dolore, immaginazione.

2. Indigo Mist, L’heure bleue

Tempi dispari per gli sperimentalisti della composizione jazz, ma un bell’incontro per snobboni del difficile ascolto. Il trombettista Cuong Vu e il pianista Richard Karpen si affrontano in una suite di rarefatti spezzoni come tennisti sulle alpi con in palio qualche delizioso cioccolatino di Duke Ellington (Mood indigo) o Billy Strayhorn (Lush life), con uno scambio di tensioni interpretative: di fatto, fondendo la dinamica del trio a trazione trombettistica, all’arte ricombinatoria e iterativa tipica del contemporaneo servoassistito da macchinari elettronici.

3. Youlook, Technimpro

Sottolineato che il nome di questo power trio jazz pop con base in Brianza è piemontese per “allocchi”. E son tutt’altro che sprovveduti: due cavalieri di mille jam session, al servizio della vocalist Luisa Cottofogli, una che canta con la voce mutante, ora usignolo jazz ora canti mongoli; un pochino come l’Aladino doppiato da Robin Williams, ma al servizio, nell’album Desert island, di un repertorio mucho misto in cui più che le cover per allodole (tipo Pink Floyd e Stones) si apprezzano gli abbozzi da studio, le improvvisazioni, gli scherzi della bravura.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it