Bernie Sanders o Joe Biden? La scelta spetta sicuramente agli elettori democratici statunitensi, che dovranno stabilire chi affronterà Donald Trump a novembre. Eppure, considerando che gli Stati Uniti sono la prima potenza mondiale, il resto del mondo sicuramente si è fatto un’idea di chi preferirebbe vedere alla Casa Bianca.
Donald Trump ha diversi fan nel mondo, a cominciare dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dal presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che lo vorrebbero vedere rieletto. Ma complessivamente sono pochi i paesi in cui Trump è popolare. È molto probabile che da un eventuale sondaggio universale emergerebbe il desiderio di una vittoria dei democratici.
Ma chi è il candidato preferito del mondo? E cosa cambierebbe in un caso e nell’altro? Conosciamo bene le differenze nel programma economico e sociale tra Sanders, espressione dell’ala sinistra del partito, e Biden, ex vicepresidente di Barack Obama e legato ai vertici democratici. In politica estera le divergenze sono altrettanto nette, anche se meno note.
Queste differenze nascono dal percorso, dalla cultura e dalla posizione dei due contendenti, ognuno dei quali si porta dietro l’eredità del suo passato.
Passato e futuro
Bernie Sanders è una preda facile a causa delle dichiarazioni d’amore rilasciate in passato su Cuba e anche sull’Unione Sovietica. Un video largamente diffuso dai suoi detrattori mostra un giovane Sanders, appena tornato da Mosca, mentre elogia l’impegno dei cittadini sovietici.
Sanders può vendicarsi riesumando il voto di Biden a favore dell’invasione dell’Iraq nel 2003, una sorta di peccato originale di tutti i democratici caduti nella trappola di George W. Bush.
Ma il vero test riguarda il comportamento internazionale che potrebbero tenere Biden e Sanders una volta conquistata la Casa Bianca. Come agirebbero di fronte a una crisi mondiale, alle prese con Xi Jinping o Vladimir Putin?
Bernie Sanders ha dalla sua parte la forza delle convinzioni e una spinta rivoluzionaria che si estende anche alla sfera internazionale, esplicitata dalle critiche rivolte a Israele, una rarità tra i democratici. Ma al contempo il senatore del Vermont suscita un certo scetticismo. Le sue risposte, infatti, sono spesso di una ingenuità angelica, in un mondo in cui gli angeli scarseggiano.
Joe Biden può contare sui vantaggi e sugli inconvenienti del suo trascorso come vicepresidente: rivendica il “95 per cento della politica estera di Obama”, e nel 5 per cento che resta fuori c’è l’intervento in Libia del 2011. Tuttavia Biden sostiene la non-decisione del 2013 sulla Siria, che molti considerano come un errore marchiano dalle conseguenze disastrose. Di sicuro Biden ci restituirebbe un’America prevedibile dopo l’imprevedibile Trump.
Un presidente democratico riporterà sicuramente gli Stati Uniti all’interno dell’Accordo di Parigi sul clima (un’ottima notizia) e cercherà di allentare la tensione con l’Iran. Ma probabilmente il braccio di ferro con la Cina resterebbe inalterato.
E dunque, Sanders o Biden? La verità è che in questo momento l’Europa deve pensare soprattutto al suo ruolo in un mondo sempre più post-americano, a prescindere da chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca…
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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