Ho cercato scrupolosamente, ma non ho trovato un solo governo che sostenga la decisione di Donald Trump. Questo non significa che i governi del mondo approvino il comportamento tenuto dall’Organizzazione mondiale delle sanità (Oms) all’inizio della crisi del covid-19 in Cina, ma semplicemente che considerano irresponsabile indebolire l’unico organismo mondiale dedicato alla sanità nel bel mezzo di una pandemia.

Come al livello nazionale, anche sul piano internazionale ci sarà tempo per fare un bilancio, se non altro per trarre insegnamenti per il futuro.

È un approccio sensato, ma non bisogna stupirsi se non viene adottato anche alla Casa Bianca, dove l’unica preoccupazione del candidato Trump riguarda la gestione politica interna della catastrofe sanitaria mondiale.

Tattica consueta
Il presidente degli Stati Uniti distoglie l’attenzione dai propri fallimenti indicando altri colpevoli: la Cina (di cui fino a gennaio aveva elogiato il presidente) e l’Oms, macchina burocratica delle Nazioni Unite che sicuramente non conta molti difensori tra i suoi elettori.

Trump ripropone una tattica ben oliata: scatena una polemica da dare in pasto ad avversari e alleati che immediatamente cominciano a scontrarsi sui social network anziché occuparsi di come il presidente ha gestito l’epidemia.

In piena emergenza e a sei mesi di distanza da un voto reso imprevedibile dalla pandemia e dal tracollo economico, Donald Trump si è completamente disinteressato dei problemi del mondo.

Pechino è il primo contribuente in termini di caschi blu e dirige il maggior numero di agenzie delle Nazioni Unite

Le sue dichiarazioni evidenziano un paradosso: il presidente critica il fatto che gli Stati Uniti siano il primo contribuente finanziario dell’Oms, con una cifra di gran lunga superiore a quella stanziata dalla Cina. Eppure, secondo Trump, l’organizzazione seguirebbe le direttive di Pechino. Naturalmente alla base di questa situazione c’è il disimpegno progressivo degli Stati Uniti dalle istituzioni multilaterali, un disimpegno che Trump non ha creato ma che ha contribuito ad accelerare.

Proposte diverse
La Cina, invece, ha mantenuto una strategia coerente di partecipazione all’interno dell’Onu. Pechino è il primo contribuente in termini di caschi blu e dirige il maggior numero di agenzie delle Nazioni Unite.

L’ambizione cinese e il distacco americano confermano la necessita di de-politicizzare un’organizzazione importante come l’Oms. Per questo sono già state avanzate diverse proposte per la creazione di un centro indipendente di controllo delle malattie, al posto o in aggiunta all’Oms. Si tratterebbe di una vera struttura di monitoraggio della sanità mondiale, qualcosa di cui il mondo ha enormemente bisogno.

Nel 2003, in piena epidemia di Sars, ho potuto verificare di persona a Pechino il modo in cui l’Oms ha sollevato dubbi sui dati diffusi dal governo cinese, che nascondeva i casi nella capitale. In quel caso l’azione dell’Oms aveva costretto il governo a cambiare rotta e a essere più trasparente. Oggi l’Oms non è più nelle condizioni di tenere testa alla Cina o agli Stati Uniti, dunque non può ricoprire adeguatamente il proprio ruolo.

Quando tutto questo sarà finito e tireremo le somme, sicuramente l’Oms non passerà l’esame. Ma ci vorrà anche una riflessione più ampia sul modo in cui il mondo dovrà affrontare le minacce esistenziali comuni come le pandemie, le crisi climatiche o l’accumulo di debiti insostenibili. Per il momento Donald Trump non ha fatto altro che complicare ulteriormente una situazione già catastrofica.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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