A impegnare l’Unione europea in questa fine dell’anno non c’è soltanto l’accordo post Brexit, ma anche un’intesa globale sugli investimenti con la Cina, ormai sul punto di essere conclusa. La vicenda fa già discutere.
Il 30 dicembre Angela Merkel, Emmanuel Macron e i leader dell’Unione dovrebbero confrontarsi con il numero uno cinese Xi Jinping per l’ultima tappa prima della firma. Il testo è in fase di trattava da dieci anni, eppure sul rettilineo finale si percepisce una certa fretta.
Un accordo di questa portata con la Cina è tutto fuorché insignificante. I rapporti con Pechino sono la questione strategica per eccellenza per il mondo intero da quando Donald Trump ha scatenato la sua guerra commerciale e tecnologica contro la Cina.
Bisogna seguire gli statunitensi in questa nuova “guerra fredda”? È la domanda che tutti i paesi si pongono ormai da due anni e soprattutto in questo momento, alla vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca del democratico Joe Biden.
La Cina è l’unica grande economia che ha fatto registrare una crescita nel 2020 nonostante la pandemia
Con questo accordo gli europei sembrano aver preso una decisione che fa molto discutere. Davvero è giusto offrire questo regalo politico alla Cina? Sul fatto che si tratterebbe di un regalo non c’è dubbio, anche considerando che siamo alla fine di un anno segnato dalla pandemia arrivata da Wuhan, dalla morsa cinese su Hong Kong, dalle rivelazioni sul trattamento riservato agli uiguri e da una diplomazia cinese sempre più aggressiva.
La settimana scorsa il futuro consulente per la sicurezza nazionale di Joe Biden, Jake Sullivan, ha espresso su Twitter il suo stupore per l’annuncio dell’accelerazione del negoziato, chiedendo una “consultazione rapida con gli europei a proposito delle nostre inquietudini comuni per le pratiche economiche della Cina”. Al momento non sappiamo se questa consultazione si sia verificata, ma è chiaro che l’amministrazione democratica non gradirebbe affatto l’accordo.
Perché l’Unione europea ha preso questa decisione? Evidentemente c’è una certa pressione economica, perché la Cina è l’unica grande economia che ha fatto registrare una crescita nel 2020 nonostante la pandemia, e il mondo degli affari spinge per la firma.
Ma questo non è l’unico motivo dietro l’accordo. Esiste anche una forte reticenza europea a lasciarsi trascinare in una guerra fredda tra i due giganti in cui gli interessi dell’Europa non sarebbero necessariamente tenuti in considerazione. Al contempo, però, viene da chiedersi se questo sia davvero l’argomento giusto in cui affermare la famosa “autonomia strategica” di cui si è parlato.
Anche all’interno dell’Europa non mancano le reticenze, a cominciare da Parigi dove recentemente il ministro del commercio con l’estero Franck Riester ha espresso la propria preoccupazione sul tema del lavoro forzato nello Xinjiang. A quanto pare sono bastate vaghe promesse cinesi per superare queste riserve. Ma cosa farà il parlamento europeo, che di recente ha votato sulla questione degli uiguri?
Se l’accordo si farà, la Cina sarà riuscita nella sua operazione di seduzione e avrà scavato un solco tra l’Europa e gli Stati Uniti, proprio quando Joe Biden spera di creare una coalizione democratica per imporre un nuovo rapporto di forze a Pechino. A prescindere da come andrà a finire, la “questione cinese” resterà al centro della ridefinizione dei rapporti internazionali nel 2021. E siamo soltanto alla prima ripresa dell’incontro.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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