La decisione della corte suprema degli Stati Uniti ha avuto un impatto planetario, non solo perché si parla di un tema universale come il diritto all’aborto ma anche per le sue conseguenze geopolitiche. Un’America divisa, precipitata in una guerra culturale e politica profonda è una superpotenza meno impegnata nel mondo in un momento in cui le sfide si moltiplicano.

In Europa, in Asia o in Medio Oriente i leader politici si stavano già preparando alla prova decisiva delle elezioni di metà mandato, in programma a novembre: il presidente Joe Biden e la sua amministrazione democratica rischiano di perdere la maggioranza in una o entrambe le camere del congresso.

Uno scenario simile creerebbe un ostacolo enorme per la politica estera di Washington. Impossibile, per esempio, immaginare che un congresso repubblicano possa approvare un eventuale accordo sul nucleare con l’Iran, la cui trattativa riprende in questi giorni dopo aver rischiato di saltare. Anche gli aiuti militari all’Ucraina dovrebbero essere negoziati a fatica con un congresso ostile, pur considerando che una parte dei repubblicani condivide le scelte dell’amministrazione rispetto alla Russia.

Elezioni determinanti
La crisi aperta il 24 giugno dalla maggioranza ultraconservatrice della corte suprema esaspera il clima di divisione all’interno degli Stati Uniti. Da allora i democratici – a cominciare da Joe Biden e dalla presidente della camera Nancy Pelosi – hanno lanciato la battaglia delle elezioni di metà mandato (midterms) che si annunciano determinanti.

Un Biden indebolito sul fronte interno, alle prese con una battaglia elettorale delicata non è una buona notizia per la stabilità mondiale

Per i democratici la provocazione dei giudici della corte suprema nominati da Donald Trump rappresenta un’occasione per mobilitare i propri elettori delusi dal bilancio poco entusiasmante di Biden, nella speranza di conquistare il voto dei repubblicani moderati (soprattutto le donne) contrari alla radicalizzazione della destra trumpista.

Ma non è detto che le cose vadano in questo modo, soprattutto in un clima di stallo economico e inflazione galoppante. L’impegno degli Stati Uniti in Ucraina al momento non è a rischio. Washington, ancor prima dell’invasione russa, ha assunto una posizione di leadership, prima prudente e oggi del tutto palese. Questo aspetto non cambierà nonostante il conflitto interno. Lo conferma il fatto che in questi giorni Biden si trova in Europa, prima per un vertice del G7 in Germania e poi per un incontro della Nato a Madrid.

Tuttavia, un presidente indebolito sul fronte interno, alle prese con una battaglia elettorale delicata, e un’America introversa e minata da crisi multiple non sono una buona notizia per la stabilità mondiale. Vista da Mosca o da Pechino, la situazione conferma la visione di un declino degli occidentali. Vladimir Putin e Xi Jinping sono convinti che sia arrivato il loro momento.

Questo paesaggio caratterizzato da una netta spaccatura mette in difficoltà gli europei. Qualcuno aveva pensato che nel contesto della guerra in Ucraina l’ombrello statunitense fosse tornato e sarebbe rimasto a lungo. In parte è vero, ma non mancano i rischi di ricaduta. La decisione della corte suprema, inoltre, invia un messaggio indiretto agli europei: assumetevi le vostre responsabilità!

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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