Il continente africano, con i suoi 54 stati, è al centro dell’attuale processo di ricomposizione del mondo: è corteggiato per le sue materie prime, è diventato uno dei terreni privilegiati delle battaglie per il controllo delle sfere d’influenza e i suoi voti all’Onu sono molto ambiti.
La Francia è stata scossa nel suo “giardino privato” dell’Africa francofona. Il 28 agosto il presidente Emmanuel Macron ha parlato con fermezza della crisi scoppiata con il golpe militare in Niger, ma questa è solo una delle manifestazioni del grande gioco al centro del quale si trova l’Africa.
Il 29 agosto il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba sarà a Parigi, ospite d’onore della conferenza annuale degli ambasciatori francesi. Kuleba partecipa a una riunione senza precedenti con tutti gli ambasciatori francesi in Africa, il cui obiettivo è aiutare l’Ucraina a far sentire le proprie ragioni nel continente e convincerla ad abbandonare un attendismo che avvantaggia la Russia.
Ripetuti colpi di scena
È un approccio eccezionale che illustra bene la difficoltà di trattare con un’Africa che vuole emanciparsi dalla tutela dei vecchi colonizzatori, anche a rischio di sacrificare la sovranità di uno stato.
È una difficoltà che la Francia conosce bene. Nel suo discorso davanti agli ambasciatori riuniti a Parigi, Macron ha criticato “l’alleanza barocca degli pseudopanafricanisti e dei nuovi imperialisti”. “È una follia!”, ha esclamato il presidente.
I golpe che si susseguono nel Sahel spingono la Francia sulla difensiva
Non è detto che questa indignazione produca risultati positivi, perché la Francia è in difficoltà. Dopo la sua elezione nel 2017, Macron aveva cercato di creare un nuovo rapporto con il continente africano, “senza paternalismo né debolezza”, come ha ribadito il 28 agosto. Ma il presidente deve fare i conti con il malfunzionamento delle strutture statali nel Sahel, che si rivolta contro il vecchio colonizzatore. Il rinnovamento della politica africana della Francia è messo in scacco dai colpi di scena che si susseguono uno dopo l’altro.
I golpe a ripetizione in Sahel, infatti, spingono la Francia sulla difensiva. La posizione di principio difesa da Macron, che si è rifiutato di ritirare l’ambasciatore francese dalla capitale nigerina, Niamey, nonostante le pressioni della giunta, si scontra con opinioni africane arroventate.
Parigi si rifugia dietro la Comunità degli stati dell’Africa occidentale, la Cedeao, i cui dirigenti temono un’epidemia di colpi di stato. Ma non è scontato che la Cedeao abbia i mezzi per ristabilire l’ordine costituzionale in Niger. Di sicuro un intervento armato sarebbe una catastrofe.
Questa impasse, di cui vuole approfittare una potenza in cerca di influenza come la Russia, contribuisce al degrado dell’ordine mondiale. Come sottolineava il 28 agosto Macron, la situazione “crea il rischio di un’indebolimento dell’occidente e in particolare della nostra Europa. Dobbiamo essere lucidi senza essere troppo pessimisti”.
La guerra in Ucraina è evidentemente l’argomento che determina i nuovi rapporti di forza. Ma in questo conflitto dall’impatto globale l’Africa ha un grande peso. Una rottura non è nell’interesse né della Francia né dell’Europa e nemmeno dell’Africa, in cerca di alleati per portare avanti il proprio sviluppo. Di sicuro evitarla è una priorità.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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