Il 13 settembre, nell’estremo oriente russo, l’incontro tra Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong-un ha avuto un’aria un po’ retrò. Il terzo discendente della dinastia comunista nordcoreana ha promesso al presidente russo che lotterà insieme a lui contro l’imperialismo, riesumando un passato che sembrava ormai dimenticato.

Ricordiamo ancora i tempi in cui Stalin legittimava il fondatore della dinastia al potere a Pyongyang, Kim Il-sung, nonno dell’attuale leader. D’altronde Kim Jong-un ha coltivato il mimetismo con l’antenato fin da quando ha preso il posto del padre, undici anni fa.

Nessuno dubita che l’abile propaganda nordcoreana sfrutterà al meglio questo ritorno dell’antimperialismo, anche se i tempi e gli uomini sono cambiati (ma non dalla prospettiva di Pyongyang). In ogni caso, al di là dei simboli che hanno comunque la loro importanza, l’incontro potrebbe avere conseguenze concrete.

I termini dello scambio
Tra due regimi che non hanno niente da perdere e sono entrambi sottoposti a sanzioni, i termini dello scambio sono facili da comprendere. La Russia ha bisogno di munizioni per la sua sanguinosa guerra in Ucraina e la Corea del Nord, i cui armamenti sono compatibili con quelli russi, dispone di un’industria della difesa sproporzionata, dunque sarà nelle condizioni di fornire le munizioni che l’esercito russo usa in abbondanza.

In cambio la Russia aiuterà la Corea del Nord a migliorare le sue capacità spaziali. In questo senso la scelta di un cosmodromo come sede dell’incontro assume un significato rilevante. Quest’anno, in due diverse occasioni, la Corea del Nord ha dovuto incassare il fallimento dei suoi tentativi di lanciare in orbita il suo primo satellite spia. Il 13 settembre Putin è stato molto chiaro in merito all’assistenza che Mosca potrebbe fornire al suo ospite.

Putin e Kim, sottoposti alle sanzioni statunitensi, ormai non hanno più niente da perdere

La Corea del Nord, inoltre, soffre di problemi alimentari, e anche in questo caso la Russia potrà mettere in piedi un utile baratto: munizioni in cambio di grano. Uno scambio “win-win”, in cui vincono tutti, ma nella versione da economia di guerra.

Siamo davanti a una nuova alleanza? A sentire Kim la Corea del Nord sostiene in toto la guerra condotta dalla Russia in Ucraina. Quasi nessun paese al mondo ha manifestato al Cremlino la propria approvazione con un tale slancio, nemmeno la Cina che oggi mantiene un approccio molto più discreto.

Non dobbiamo dimenticare che Putin e Kim, sottoposti alle sanzioni statunitensi (e anche a quelle dell’Onu nel caso della Corea del Nord), ormai non hanno più niente da perdere. Per Kim si tratta di un posizionamento attinente con la retorica aggressiva che impiega da più di tre anni.

Nel 2018-2019 il leader nordcoreano aveva cercato di organizzare una luna di miele con Trump. Ma dopo tre incontri e il fallimento di quella manovra di riavvicinamento, perfino Trump era stato costretto a mettere da parte l’entusiasmo e rinunciare a un accordo che avrebbe lasciato Kim alla guida di una potenza nucleare.

La strategia della tensione subentrata dopo la rottura con Washington trova il suo parossismo nel sostegno attivo a Putin. È una pessima notizia, soprattutto per una penisola coreana costantemente in preda alla tensione.

Ma attenzione alle possibili sviste. Al momento non esiste alcuna alleanza formale, come invece era accaduto ai tempi dell’Urss. Ognuno dei due paesi ha la sua agenda nazionale, senza le implicazioni ideologiche della guerra fredda. Dietro l’immagine retrò del 13 settembre c’è l’accordo tra due stati paria che si aiutano a vicenda.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ascolta anche:

L’incontro tra Kim Jong-un e Vladimir Putin commentato da Junko Terao nel podcast di Internazionale Il Mondo.

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