“La nostra Europa potrebbe morire”. È questa la frase shock usata dal presidente francese Emmanuel Macron nel suo secondo discorso all’università La Sorbona di Parigi. Macron sa bene che bisogna drammatizzare i toni per attirare l’attenzione su temi percepiti come astratti o lontani. Nel 2019, in piena presidenza Trump, il presidente aveva parlato di una Nato “in stato di morte cerebrale”, scatenando una acceso dibattito.

Qual è l’obiettivo ora? In molti penseranno che si tratti di una mossa elettorale: Macron ha voluto fare scalpore per mobilitare i suoi elettori, che spesso faticano a seguirlo, dandogli uno scopo e spingendoli a votare.

Questo sospetto è sempre presente in politica, ma bisogna andare oltre, considerando lo stato dell’Europa e del mondo. Le reazioni delle altre capitali europee dimostrano che Macron ha messo il dito in una piaga esistenziale. La sfida lanciata il 25 aprile dal presidente francese è rivolta sia ai suoi concittadini sia agli europei, ma anche allo stesso Macron, che si presenta come salvatore di un’Europa in pericolo di morte. Questa, forse, è la parte più delicata del suo programma.

La sfida è sicuramente globale, e non solo legata alla guerra in Ucraina, come si potrebbe pensare. Macron, comunque, si è soffermato sul conflitto in corso, riaffermando che l’Europa non può permettersi di lasciar trionfare Vladimir Putin.

Alla dimensione globale è legata invece un’altra frase pronunciata dal presidente: “Le regole del gioco sono cambiate”. Macron si riferisce non solo alle norme che garantiscono la pace ma anche alle sovvenzioni statali (usate molto sia dalla Cina sia dagli Stati Uniti). Ma anche alla tecnologia, che cambia il significato della sovranità, e alle regole del funzionamento dei 27 (in futuro 35), in un’Europa tanto criticata quanto indispensabile.

L’elemento più sorprendente del lungo discorso di Macron è la durezza delle parole rivolte all’alleato statunitense, le cui politiche economiche rischiano di emarginare l’Europa, ma anche all’avversario russo, che minaccia militarmente il vecchio continente, e alla Cina, che segue regole tutte sue.

Macron sarà ascoltato dagli elettori europei? Ogni volta che un francese propone un grande piano per l’Europa è accolto da un misto di diffidenza e ammirazione. È una vecchia storia, che precede di molto l’avvento di Macron. Molti leader europei condividono la diagnosi del presidente francese sulle minacce che aleggiano sul continente. Ma quanti sono pronti a proporre una soluzione? Il concetto di Europa come potenza continua a fare paura a una parte dell’Europa.

Ma se prendiamo come esempio tutto quello che è stato fatto nel continente dopo il covid, tipo i fondi per sostenere i paesi in difficoltà, o dopo la guerra in Ucraina, dall’acquisto comune di armi agli investimenti nei semiconduttori e nelle batterie, è possibile provare un certo ottimismo.

Soprattutto bisogna comprendere il momento storico. Mancano sei mesi alle elezioni statunitensi, che potrebbero concludersi con la vittoria di un uomo che detesta l’Unione europea. Il 5 novembre prossimo, se Donald Trump dovesse vincere, il discorso di Macron potrà servire da tabella di marcia in un mondo diventato molto più pericoloso. Fino ad allora, invece, sarà soprattutto un programma elettorale per mobilitare i suoi sostenitori.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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