Nel fine settimana il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha illustrato la sua visione del momento politico: “Se tutto andrà come previsto e il buon dio ci aiuterà, da qui alla fine dell’anno i patrioti saranno la maggioranza in tutto il mondo occidentale”.
“Patrioti”, naturalmente, è un nome in codice per indicare i rappresentanti dell’estrema destra. Orbán ha fatto esplicitamente riferimento al Rassemblement national (Rn) in Francia e a Donald Trump negli Stati Uniti. Il sogno del primo ministro è in realtà piuttosto realistico, come dimostrano il successo dell’Rn al primo turno in Francia e l’evidente debolezza di Joe Biden.
Il 30 giugno Orbán ha preso l’iniziativa annunciando la creazione di una nuova alleanza di estrema destra al parlamento europeo insieme al Partito della libertà (Fpö), diventato prima forza politica in Austria, e al partito Ano dell’ex primo ministro ceco Andrej Babiš.
Nelle parole di Orbán emerge la sua ambizione a rimodellare il paesaggio politico europeo in un momento che ritiene favorevole, con l’obiettivo di ribaltare il tavolo dell’Europa istituzionale e cambiare la rotta dell’Unione. Una posta in gioco alta, considerando che il premier ungherese vuole mettere fine agli aiuti all’Ucraina, è vicino al Cremlino, si oppone al green deal e alla politica migratoria comune.
Il nuovo gruppo dei patrioti pesca in altre forze politiche. Fidesz, partito di Orbán, viene dal Ppe, ovvero dalla destra tradizionale (con cui però ha rotto), mentre l’Fpö ha lasciato il gruppo Identità e democrazia (di cui fa parte l’Rr) e l’Ano faceva parte fino a poco tempo fa del gruppo Renew insieme ai sostenitori di Emmanuel Macron. A questa alleanza potrebbe aggiungersi il Pis, partito populista e ultraconservatore polacco.
Stiamo assistendo a una sorta di big bang della politica europea innescato dall’ascesa dell’estrema destra nelle sue diverse forme, che tuttavia continuano a non capirsi tra loro.
Davvero Orbán sarà capace di federare le varie declinazioni dell’estrema destra? Di sicuro è un suo vecchio progetto. Il premier ungherese è il primo ad aver conquistato il potere all’interno di questa galassia di partiti e può vantare ottimi rapporti con Donald Trump e con Vladimir Putin. In questo senso, è il punto di riferimento ideale dei “patrioti”.
Ma oggi il capo del governo di Budapest deve fare i conti con le strategie nazionali. L’italiana Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha cercato di ricoprire il ruolo di guastafeste per la grande coalizione che è stata appena riconfermata alla guida dell’Europa, quella tra la destra, i socialdemocratici e i liberali. Ha fallito, ma l’Italia, paese fondatore dell’Unione, continuerà il suo gioco.
I prossimi mesi saranno determinanti, con un numero crescente di stati governati o influenzati dall’estrema destra: i Paesi Bassi già da qualche giorno, la Francia molto presto (in coabitazione) e l’Austria a breve. Il sogno di una minoranza capace di bloccare l’Unione è concreto.
Oggi l’Ungheria assume la presidenza dell’Europa, una funzione simbolica che tuttavia Orbán vuole trasformare in un trampolino. I risultati del primo turno in Francia ci spingono a prenderlo assolutamente sul serio.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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