Immaginate per un istante di essere un ucraino che ascolta le notizie dal mondo. Una mattina vi svegliate e scoprite che il presidente francese Emmanuel Macron, diventato negli ultimi mesi uno dei principali alleati di Kiev in Europa, ha subìto una sconfitta elettorale pesante e che il suo avversario, il Rassemblement national (Rn), è un partito dalle inclinazioni filorusse e contrario all’aumento degli aiuti all’Ucraina.

Il giorno successivo, da Washington, arrivano informazioni altrettanto scoraggianti: gli statunitensi si chiedono se Joe Biden, senza il quale l’Ucraina non avrebbe potuto resistere all’invasione russa, sia nelle condizioni fisiche per ricandidarsi. Il suo avversario, Donald Trump, non è certo un amico dell’Ucraina, e il suo partito ha bloccato a lungo un pacchetto di aiuti.

Anche le notizie che arrivano dal fronte della guerra non sono buone: la Russia non è riuscita a sfondare, ma prosegue la sua guerra di logoramento e soprattutto ha distrutto a colpi di missili buona parte delle infrastrutture energetiche del paese. Il prossimo inverno si annuncia molto duro.

Tutto questo solleva il problema del proseguimento del sostegno occidentale all’Ucraina. Certo, gli elettori francesi e statunitensi non decidono in funzione dell’Ucraina, ma il 2 luglio è bastato ascoltare Marine Le Pen al microfono di France Inter per capire che in caso di coabitazione tra Macron e un presidente del consiglio suo avversario il sostegno a Kiev diventerà un tema delicato.

La leader del Rassemblement national parte da una posizione condivisa – sostegno all’Ucraina e consegna di armi – ma allo stesso tempo fissa due limiti invalicabili che la metterebbero in contrapposizione con Emmanuel Macron: l’invio di soldati francesi sul campo (evocato dal presidente, che vorrebbe addestrare una brigata ucraina) e quello di armi che possano colpire in territorio russo, laddove già oggi la Francia consegna missili Scalp che hanno una gittata sufficiente per superare il confine ucraino. Lo stesso varrebbe per i Mirage, che Parigi si è detta disponibile a consegnare.

Descrivendo il ruolo del presidente e capo dell’esercito come “onorifico”, Le Pen ha tirato fuori i coltelli. A farne le spese potrebbe essere proprio l’Ucraina.

Su scala continentale, un sondaggio condotto in 15 paesi dal think tank Ecfr e pubblicato il 2 giugno dal quotidiano britannico The Guardian, illustra lo stato dell’opinione pubblica. Gli europei restano largamente favorevoli all’Ucraina, alle prese con l’invasione russa. Ma non credono più a una vittoria militare di Kiev. Le percentuali variano da un paese all’altro, ma in generale i cittadini vorrebbero armare l’Ucraina in vista di un negoziato per mettere fine al conflitto.

In questo contesto la visita a sorpresa a Kiev del primo ministro ungherese Viktor Orbán, arrivato il 2 luglio in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, solleva diversi interrogativi. Orbán è il più vicino alla Russia tra i leader dei 27 e spesso si è opposto agli aiuti europei. Ma viene da chiedersi se non stia operando un riposizionamento simile a quello dell’Rn in Francia, sostenendo a parole l’Ucraina per frenare meglio l’aiuto concreto alle operazioni belliche di Kiev.

In ogni caso il nostro ucraino che ascolta le informazioni fa bene a preoccuparsi. L’avanzata dell’estrema destra in Europa e negli Stati Uniti non promette bene per il suo paese.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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