È uno di quegli argomenti che hanno il potere di infiammare buona parte del mondo, letteralmente. La Spianata delle moschee di Gerusalemme, un fazzoletto di terra della città vecchia in cui coesistono i luoghi sacri delle tre religioni monoteiste, è al centro di una battaglia, una guerra nella guerra.

Nella Spianata delle moschee non si combatte con i missili, ma con i simboli e i tabù da infrangere. A lanciare l’offensiva è stato Itamar Ben Gvir, ministro israeliano della sicurezza nazionale e leader di uno dei partiti di estrema destra che fanno parte della coalizione guidata da Benjamin Netanyahu.

Ben Gvir vuole sfidare lo status quo religioso. L’obiettivo? La Spianata delle moschee, che ospita la Cupola della roccia, terzo luogo santo dell’islam dopo La Mecca e Medina, oltre alla moschea Al Aqsa. I non musulmani non hanno il permesso di pregare in questo luogo e Ben Gvir ha alzato la posta. Questa settimana il ministro ha suggerito di costruire una sinagoga sulla Spianata, una dichiarazione che ha infiammato gli animi.

Per comprendere l’atteggiamento di Ben Gvir bisogna allargare la prospettiva. La Spianata delle moschee è stata costruita sul sito del tempio di Salomone, distrutto nel 586 aC, e del tempio di Erode, distrutto nell’anno 70 dC dai romani.

Di quest’ultimo tempio resta solo il muro occidentale, il celebre Muro del pianto, diventato dopo la guerra del 1967 il principale luogo di preghiera degli ebrei ortodossi. Risultato poco gradito, gli ebrei sono in basso, davanti al muro, mentre sopra le loro teste si trovano le moschee musulmane.

In Israele una corrente messianica ebraica sogna di costruire un “terzo tempio” al posto delle moschee. Il piano esiste già, manca solo l’arrivo del Messia. Ma Ben Gvir coltiva un’ambizione più politica: vuole espellere i palestinesi dalle terre bibliche e per riuscirci cerca di scatenare un’apocalisse che potrebbe rendere possibile questo scenario.

La presa di posizione del ministro ha fatto scalpore. Sorprendentemente, in Israele due giornali ultraortodossi hanno condannato il gesto ricordando che le autorità religiose ebraiche si oppongono alle preghiere sulla Spianata (il Monte del tempio per gli ebrei). Il fatto che i garanti dell’ortodossia si dissocino dall’idea violenta proposta dal leader dell’estrema destra è molto significativo.

Ma ci sono anche le reazioni nel mondo musulmano, in particolare in Arabia Saudita, che custodisce diversi luoghi sacri dell’islam. Il ministro degli esteri di Riyadh ha condannato le dichiarazioni “estremiste e incendiarie” di Ben Gvir e ha chiesto il rispetto dello status quo. L’Arabia Saudita è pronta a stabilire relazioni diplomatiche con Israele a condizione che si delinei una prospettiva di pace con i palestinesi. Il cambiamento della situazione a Gerusalemme renderebbe impossibile questo sviluppo.

Netanyahu, nel frattempo, tace, perché ha bisogno di Ben Gvir per conservare una maggioranza alla knesset, il parlamento israeliano. Ma questo silenzio, in un contesto così esplosivo, risulta molto pesante. Basta ricordare che la seconda intifada, nel 2000, è stata scatenata dalla visita di Ariel Sharon sulla Spianata delle moschee e provocò migliaia di morti. In questo panorama la parola più adatta per descrivere Itamar Ben Gvir è stata usata da un giornale ultraortodosso di Gerusalemme: “piromane”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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