Lo studio ovale della Casa Bianca è uno dei luoghi mitici del potere nel mondo. Tutto ciò che vi si svolge pubblicamente ha l’aria di uno spettacolo teatrale o di una serie televisiva. E l’incontro del 24 febbraio tra Donald Trump ed Emmanuel Macron non fa eccezione.
I due presidenti hanno mantenuto un atteggiamento amichevole, anche se in realtà sono lontani su quasi tutto. In ogni caso, è così che bisogna comportarsi con Donald Trump, soprattutto nel suo territorio e sotto lo sguardo severo, per non dire ostile, del vicepresidente JD Vance, che a Monaco, in Germania, ha detto tutto il male possibile degli europei.
Allo stesso tempo la portata delle differenze è apparsa in tutta la sua evidenza, al G7 come alle Nazioni Unite. In entrambi i casi, gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione europea si sono scontrati sulla definizione della guerra russa contro l’Ucraina, con Washington che si oppone categoricamente all’uso della parola “aggressione”.
Nel corso della conversazione con i giornalisti nello studio ovale, Trump ha sorvolato quando gli è stato chiesto se userebbe la parola “dittatore” per definire Putin come ha fatto con Volodymir Zelenskyj. Un silenzio significativo.
Ma ripetiamo, negoziare con Trump significa restare nell’ambiguità. La conferenza stampa comune dei due presidenti ne è stata la dimostrazione. È stato Macron a fare tutti gli annunci, arrivando a usare la parola “svolta” per descrivere i suoi colloqui con Trump. Il presidente statunitense, dal canto suo, non ha detto nulla, nemmeno per confermare le dichiarazioni del suo omologo.
L’atteggiamento di Macron alimenta i dubbi sulla solidità degli impegni presi da Trump, in particolare sul sostegno della Casa Bianca all’invio di truppe europee in Ucraina nel quadro delle garanzie di sicurezza in caso di un cessate il fuoco. Senza l’appoggio di Washington, la maggior parte degli europei si rifiuterà di andare in Ucraina e niente potrà escludere un nuovo attacco da parte della Russia.
Trump è poco convincente, anche quando ripete come un mantra che tutto andrà bene una volta concluso il deal (accordo, la sua parola feticcio) con Putin. D’altro canto, non siamo costretti a credergli.
La vera novità è l’annuncio di una visita di Zelenskyj alla Casa Bianca nei prossimi giorni per firmare l’accordo sulle terre rare e i minerali cruciali (a cui Trump tiene davvero) come rimborso per i soldi dati dagli Stati Uniti all’Ucraina durante la guerra.
In questo modo il presidente ucraino avrà l’occasione di parlare con quello statunitense prima dell’incontro tra Washington e Mosca. Sarà utile poi per contrastare la disinformazione russa che colpisce anche Trump.
Quello che è successo il 24 febbraio alle Nazioni Unite, però, smorza l’ottimismo sfoggiato da Macron. Gli Stati Uniti hanno infatti votato insieme alla Russia e ai suoi alleati, e contro i paesi dell’Unione europea, su una risoluzione preparata in occasione del terzo anniversario dell’invasione russa. È una novità assoluta in un periodo di crisi.
Trump ha promesso che la pace arriverà tra qualche settimana. Ma quale pace? L’incontro con Macron non ha cancellato le ambiguità, malgrado gli sforzi francesi ed europei. E il presidente statunitense non ha voluto scoprire davvero le sue carte.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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