Il 2 marzo, all’interno dello studio ovale della Casa Bianca, sei individui hanno congelato gli aiuti militari destinati all’Ucraina, prendendo una delle decisioni più significative dal ritorno di Donald Trump al potere. Parliamo della cerchia ristretta dei responsabili della politica estera di Washington.

Oltre a Trump, quindi, nello studio ovale c’erano il vicepresidente JD Vance, il segretario di stato Marco Rubio, il segretario alla difesa Pete Hegseth, la coordinatrice dell’intelligence Tulsi Gabbard e l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff.

I loro profili tradiscono l’orientamento di questa amministrazione, sia nel merito sia nella forma. È un orientamento che non promette niente di buono per l’Ucraina né per l’Europa. Il personaggio più significativo è senz’altro Vance. È stato lui a suonare la carica contro Volodymyr Zelenskyj nello studio ovale: un ruolo insolito per un vicepresidente, soprattutto quando si rivolge a un capo di stato.

L’entourage di Trump somiglia a una corte imperiale: l’importante è essere ben visti dal capo e fargli da spalla. Ma Vance porta avanti un programma tutto suo. Ultraconservatore di 40 anni, è legato al clan degli “oligarchi” della tecnologia e in particolare a Peter Thiel, un ideologo del libertarismo, filosofia che invoca una riduzione estrema delle prerogative dello stato.

Vance si è imposto nel giro di poco tempo, soprattutto con il suo discorso alla conferenza di Monaco con cui ha sconvolto gli europei elogiando l’estrema destra. In questo momento il vicepresidente sembra aver conquistato molto spazio all’interno della squadra di Trump, mentre Musk appare piuttosto ai margini. Vance non nutre grande interesse per l’Ucraina. Qualche mese prima delle elezioni aveva addirittura rivelato che del destino di Kiev gli importava poco.

Al confronto di Vance, Marco Rubio è un esperto di questioni internazionali, ma al momento sembra avere scarsa influenza. Rubio è rimasto in silenzio durante lo scontro con Zelenskyj, come se fosse imbarazzato. Agli europei il segretario di stato appare più ragionevole, ma questo non cambierà di molto la situazione.

Il personaggio più stravagante della riunione del 2 marzo è senz’altro Tulsi Gabbard, coordinatrice dell’intelligence, un ruolo creato dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001.

Gabbard ha diffuso spesso i temi della propaganda russa, comprese alcune notizie false sull’Ucraina. In passato si è schierata dalla parte del regime di Bashar al Assad, di cui ha negato l’uso di armi chimiche. A conti fatti, Gabbard sembra la persona meno qualificata per ricoprire un incarico così delicato. “La peggiore nomina della storia”, ha commentato John Bolton, repubblicano all’antica che è stato consulente per la sicurezza nazionale di Trump in occasione del suo primo mandato.

Pete Hegseth, capo del Pentagono, e Steve Witkoff, un miliardario del settore immobiliare vicino a Trump, non sembrano nella condizione di cambiare l’approccio favorevole alla Russia (per usare un eufemismo) nel contesto della guerra ucraina.

Davanti a questa realtà è necessario trarre le dovute conclusioni e smettere di farsi illusioni sulla possibilità di influenzare l’amministrazione Trump, il cui obiettivo è chiaramente quello di cambiare l’ordine mondiale con la forza.

I sei partecipanti alla riunione della Casa Bianca hanno deciso freddamente di privare del sostegno militare un paese aggredito. È l’atto fondativo di una diplomazia che non conosce più alleati né amici. L’Europa è avvisata.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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