Dal 2007 al 2013 il Fondo nazionale delle politiche sociali in Italia è sceso da un miliardo a 45 milioni di euro, una riduzione del 96 per cento. Non sorprende quindi che il nostro paese abbia scalato la classifica europea sul rischio di povertà minorile. Oggi, infatti, un minore su quattro è a rischio povertà, cioè la sua famiglia non ha le risorse sufficienti a garantirgli un sano sviluppo psichico, fisico, intellettuale e sociale. Un dossier pubblicato da Save the children ci permette di capire quali bambini soffrono di più: stanno peggio i figli di madri sole, di giovani con meno di 35 anni (uno su due a rischio), prevalentemente meridionali o di origine straniera (tre su cinque).
Le politiche adottate dall’Italia per contrastare queste situazioni di disagio sono state carenti e frammentarie. Su lavoce.info Daniela Del Boca le ha definite “politiche delle briciole”.
La carenza italiana è particolarmente grave negli investimenti per i bambini in età prescolare, proprio in quella fascia d’età su cui sarebbe più urgente intervenire. Più a lungo i minori sono in condizioni di povertà, più è alta la probabilità di scarsi rendimenti scolastici, comportamenti criminali, obesità e altri problemi di salute. Insomma, più si aspetta a intervenire più è costoso rimediare.
Di fronte a questi dati, le risorse per un piano di contrasto alla povertà minorile non dovrebbero essere considerate una spesa che crea debito, ma il più importante investimento per lo sviluppo e la crescita che può fare il nostro paese.
Internazionale, numero 950, 25 maggio 2012
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