Il Guardian offre una nuova rubrica: Academics anonymous. In pochi mesi professori universitari di vari paesi (già una ventina), profittando dell’anonimato e seguendo il suggerimento della rubrica, hanno cominciato a dirci “come stanno le cose”.
Tra l’altro forse cominceremo a sapere di più d’un territorio poco esplorato: come si fa davvero lezione in un’aula universitaria. Maestre e maestri con i loro ricordi e memorie, gli alunni con i giornalini, alcuni film ci danno molte notizie preziose su quel che succede effettivamente nella vita d’una classe di scuola dell’infanzia o elementare. Le testimonianze cominciano a scarseggiare a mano a mano che ci si sposta verso i livelli medi inferiori e superiori e arrivando all’università quasi scompaiono.
È vero che da tempo in diversi sistemi universitari è previsto che gli alunni possano e talora debbano esprimere giudizi sull’andamento dei corsi prima della loro conclusione, ma i materiali di solito non sono comunemente accessibili e la loro attendibilità per vari motivi è dubbia. Notizie avremo dalle conferenze di esperienze didattiche avviate a Bologna da Nicola Grandi.
Negli Stati Uniti il Community college survey of student engagement (Ccsse) cerca di raccogliere dati sulla reale vita di studio nei
college, ma conosciamo solo i risultati di sintesi. Insomma, il territorio del come si fa davvero lezione nelle aule universitarie e si fanno gli esami resta da cartografare. Fanno ben sperare gli anonimi confitenti del Guardian.
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