Anni fa l’agenzia demoscopica Conseil, Sondage, Analyse (Csa) interrogò un campione rappresentativo di adulti francesi sui mestieri suggeriti ai figli per orientarne le scelte. In percentuale i mestieri preferiti risultarono medico (43), ingegnere (35), insegnante (33). Solo a grande distanza figuravano avvocato (26), poliziotto (15), notaio (14), poi politico e altri ancora.
L’insegnamento dunque era il terzo vincente. Ma gli insegnanti francesi non percepiscono così la loro condizione. L’Express, Le Monde, la trasmissione France Culture hanno dato spazio nelle ultime settimane ai dati ricavabili da due indagini: ampia e partecipata quella del Sgen, il sindacato generale dell’istruzione pubblica, sulla percezione che gli insegnanti stessi hanno della loro condizione professionale.
L’84 per cento è convinto che il loro lavoro non sia apprezzato e si sentono incompresi nel loro stesso ambiente familiare. L’autodeprezzamento del resto è comune anche tra gli insegnanti italiani, giustificati però da pessime politiche governative e dall’improvvisazione di molta informazione sulla scuola. Non così in Francia. L’Express ha chiesto aiuto a uno storico dell’educazione, Claude Lelièvre, e Lelièvre ha ricostruito precedenti secolari. L’autodeprezzamento pare da sempre un tratto costitutivo del mestiere di insegnare. E tuttavia gli insegnanti se hanno un problema trovano l’aiuto migliore non dai dirigenti o da sindacalisti, ma dai loro stessi colleghi vicini e lontani.
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