Qualche giorno fa è stata annunciata la prossima seduta del parlamento cubano, che si terrà nella prima metà di agosto. Le decisioni da prendere sono molte e i cubani chiedono cambiamenti, ma in pochi sperano che il parlamento possa fare qualcosa di buono.

I nostri deputati non hanno mai respinto un disegno di legge governativo e negli ultimi trent’anni hanno sempre approvato all’unanimità o a larghissima maggioranza tutte le proposte arrivate dall’alto. Non si sono mai distinti per le lunghe discussioni o per l’espressione di posizioni contrarie, ma per l’obbedienza con cui hanno sempre alzato la mano per dire sì.

Invece di essere un luogo di dibattito, il massimo organo legislativo di Cuba ci offre riunioni di cui si conosce già l’esito. Ma da tre anni c’è uno dei suoi membri che non può pronunciare discorsi, né sedersi su una delle sue soffici poltrone. È l’uomo che aveva passato più ore a parlare al microfono: Fidel Castro. Quindi il resto dei partecipanti ha più tempo a disposizione e c’è chi comincia a esprimersi in un modo che non sarebbe piaciuto al grande oratore assente.

Anche se difficilmente la terza sessione ordinaria ci riserverà delle sorprese, uno dei nuovi membri di questa legislatura potrebbe rompere l’unanimità e decidere di parlare dei veri problemi della popolazione. Invece di accettare tutto in silenzio, qualcuno potrebbe farsi avanti manifestando il suo disaccordo.

Quanto sarebbe strano vedere un parlamentare che nega il suo appoggio a una legge proposta dal governo! Se anche uno solo di loro avesse il coraggio di dire di non essere d’accordo su qualcosa!

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 804, 17 luglio 2009*

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