Mentre il mondo ha accolto con sollievo la notizia della morte di Kim Jong-il, o al massimo con preoccupazione per la possibile destabilizzazione dell’area, a Cuba il governo ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale per il Caro leader.
La bandiera a mezz’asta, il necrologio letto in prima serata alla televisione pubblica e le condoglianze in prima pagina sul quotidiano Granma. Per anni non si è parlato di Pyongyang, come se alle nostre autorità dispiacesse condividere una strada comune con la dinastia dei Kim. Eravamo come lontani cugini che s’incontrano solo nei giorni di festa.
Ma la scomparsa del Caro leader ha accorciato le distanze tra i vertici dei due paesi. Le somiglianze affiorano e sono più evidenti delle differenze. Per esempio Raúl Castro, come il defunto Kim Jong-il, ha ottenuto il potere per via ereditaria. Per questo da Plaza de la Revolución non si sollevano critiche sull’ereditarietà del potere in Corea del Nord.
La fratellanza tra i due capi di stato non derivava dalla condivisione di un’ideologia e neanche dalla rivalità nei confronti degli Stati Uniti. Nasceva dal fatto che nessuno dei due è mai stato disposto a lasciare il timone dello stato o a permettere l’esistenza di altri partiti.
In Corea c’è già un successore: Kim Jong-un. All’Avana gli ottuagenari al potere non hanno più molto tempo a disposizione per nominarne uno. Rimane da scoprire chi sarà.
Internazionale, numero 929, 23 dicembre 2011
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