La barca non è un granché, a dire il vero: finestrini incrinati, un paio di buoni motori e una cabina non abbastanza grande da ospitare tre persone che cerchino di mantenere una distanza fisica. L’imbarcazione di alluminio dondola alla minima increspatura, mentre le onde più alte riverberano per tutto lo scafo.
Rispetto alle potenti, costose e ben equipaggiate navi della guardia costiera la barca sembra poca cosa. Tranne che, fatto fondamentale, esiste.
A differenza delle agenzie governative che non hanno né la manodopera né il raggio d’azione necessari a farsi largo nella costa ondosa e frattale, la barca va dove serve. E si muove. Le persone al timone, due giovani guardacoste della popolazione wuikinuxv, percorrono 120 chilometri al giorno, la maggior parte dei giorni di ogni mese. In diversi mesi pattugliano circa duemila chilometri quadrati di costa solo in barca, a quanto risulta dai dati condivisi dai guardacoste con The Narwhal. I loro vicini, gli heiltsuk e i kitasoo/xai’xais coprono aree ancora più grandi: rispettivamente quasi tremila e ottomila chilometri quadrati. La barca e il suo equipaggio sono la prima linea di salvaguardia ambientale in questa parte della costa. Sono in acqua, controllano i problemi, aiutano dove ce n’è bisogno, raccolgono dati, e fanno valere la forza del popolo indigeno wuikinuxv nella loro porzione di costa.
Non sono soli nella loro opera. Su e giù per la costa, dall’estremità meridionale dell’isola di Vancouver fino all’Alaska, questi guardiani delle prime nazioni stanno lasciando il segno nei territori tradizionali delle loro rispettive comunità. L’idea si è diffusa nell’entroterra e in tutto il Canada, con guardiani che lavorano in ogni provincia e territorio in modi diversi. Sono diventati parte integrante dei parchi nazionali, dei progetti di salvaguardia delle risorse naturale, del ripristino dei territori e di molto altro ancora.
Arrivare in tempo
I guardacoste wuikinuxv pattugliano il loro territorio marino da più di un decennio. Adam Nelson e Corey Hanuse hanno cominciato recentemente: Nelson da sette anni e Hanuse solo da un mese. Raccontano di non incrociare spesso i rappresentanti dei governi del Canada o della Columbia Britannica nelle loro acque. “Di solito vediamo quelli della Dfo (l’autorità della pesca e degli oceani del Canada), i funzionari della salvaguardia ambientale e la guardia costiera, una o due volte al mese, quando sono in zona”, dice Nelson. La Dfo controlla la costa per evitare violazioni in materia di pesca, coordinandosi con due navi di 43 metri della guardia costiera: la Ccgs Captain Goddard e la Ccgs M. Charles. Può inoltre saltuariamente contare sull’aiuto di ufficiali di terra nei maggiori centri della costa, come Prince Rupert, Bella Bella e Bella Coola. Questi ufficiali possiedono gommoni veloci con i quali possono pattugliare le aree locali a partire da quelle basi.
La guardia costiera ha anche diverse basi di salvataggio lungo la costa, ma nessuna nelle piccole comunità come Wuikinuxv. Questo significa che in caso d’emergenza a Wuikinuxv – o nella maggior parte dei piccoli villaggi della costa – i soccorsi sono molto, molto lontani.
Tempo fa, mentre il sole tramontava dietro le montagne che incorniciano la stretta valle di Wuikinuxv, l’anziano (elder) George Johnson stava risalendo il fiume controcorrente. Mentre navigava intorno al molo galleggiante, sottoposto alla forza di una forte corrente, le sue lenze erano rimaste incastrate nel molo. Johnson ha impugnato la sua ascia per liberarsi ma, prima di poter reagire, la poppa della sua barca ha cominciato ad affondare e presto è colata a picco. Senza aver avuto il tempo di chiamare la guardia costiera da Port Hardy, a quasi 150 chilometri di distanza Johnson si è ritrovato a galleggiare impotente lungo il fiume in un’acqua di disgelo quasi glaciale. “Cercavo di nuotare, ero stanchissimo, stavo quasi per arrendermi”, dice oggi. È riuscito a tornare a riva, giusto in tempo perché i primi soccorritori lo raggiungessero e gli dessero delle coperte. Se la comunità avesse dovuto fare affidamento sull’aiuto esterno, dice Nelson, le cose sarebbero andate diversamente.
“Sarebbero arrivati troppo tardi”, racconta.
Prima che i guardacoste cominciassero a pattugliare le acque, e prima che il guardiano o il guardacoste diventassero mestieri aperti a molti indigeni di tutto il Canada o anche in luoghi come la vicina Wuikinuxv, questa professione aveva una tradizione di lunga data in molte culture costiere. Le Haida Gwaii, un arcipelago di foreste pluviali al largo della costa settentrionale della British Columbia, sono da millenni collegate alle Prime nazioni della terraferma grazie agli scambi commerciali, culturali e alla guerra. Conoscere dei movimenti lungo la costa era essenziale. “Vai in ogni villaggio e troverai un posto dove sono stati attivi dei guardiani”, spiega Guujaaw, artista e leader della popolazione haida. Un’alta collina con una buona vista sull’oceano avrebbe dato ai guardiani e alla loro comunità un largo preavviso su eventuali intrusi o sul ritorno dei loro membri che si erano allontanati.
Un confronto annoso
Ancora oggi si possono vedere pali scolpiti sulle coste delle Haida Gwaii, molti dei quali coronati da figure di guardiani, con i loro tre volti collegati che fissano il mare senza batter ciglio. La professione sopravvisse all’arrivo degli europei, che portarono con sé una mentalità di sfruttamento estranea alla gente delle Haida Gwaii. Nel corso degli anni ottanta, il contrasto tra questi atteggiamenti opposti raggiunse il culmine nella disputa sul disboscamento dell’isola di Lyell (Athlii Gwaii in lingua haida).
“Pensavamo che in dodici anni l’intera area sarebbe stata disboscata e non ci sarebbe stato più nulla da vedere”, ricorda Guujaaw. Ma non si trattava solo di quell’isola: il governo canadese e quello della British Columbia consideravano le risorse naturali come un qualcosa da sfruttare, non da gestire per il futuro. Lo stesso valeva per la pesca. “Possono diffondere l’idea che la pesca contribuisca alla ‘gestione’ e alla ‘conservazione’, ma in realtà non è così”, dice Guujaaw. “Hanno sfruttato e impoverito”. Il risultato di quel confronto è stato il primo parco nazionale cogestito in Canada, il parco riserva nazionale di Gwaii Hanaas. Sulla terra e sull’acqua, in tutte le Haida Gwaii, oggi a rappresentare gli haida e a tenere al sicuro visitatori e siti culturali, ci sono i guardacoste.
È qui che Hanuse s’è imbattuto per la prima volta nei guardiani. Da adolescente, era arrivato dalla città portandosi dietro alcuni problemi di salute mentale. Ha trascorso del tempo in un campo di riscoperta culturale a T’aalan Stl’aang, una baia isolata sulla punta nordoccidentale di Graham Island. È stato accolto a braccia aperte nel territorio haida, e faceva escursioni solo per poter stare con i guardiani. “È stato bellissimo”, dice. “I guardacoste sapevano un sacco di cose sul territorio, sull’ambiente sacro in cui ci trovavamo. Ci ha riportato alle nostre radici, davvero”. Quando è finito il campo se n’è andato sentendosi “meglio che mai”. Non appena si è presentata l’opportunità è entrato a far parte del corpo dei guardacoste wuikinuxv. “Mi sono sentito come se avessi una missione da svolgere. Per questo sono qui”.
La professione, nelle Haida Gwaii, ha oggi un inquadramento più formale, con tanto di uniformi, addestramento e ferie, ma l’idea rimane la stessa di sempre: prendersi cura della terra e delle persone che la abitano. Per Guujaaw, il senso della creazione del parco non è mai stato ottenere l’approvazione, tanto meno il permesso, del governo canadese. Era semmai il contrario: affermare che un governo aveva già il controllo del territorio. Il governo haida. “Non era una situazione in cui fosse fondamentale il riconoscimento formale da parte del governo [federale]”, dice. “Si tratta di un’entità haida”. E grazie anche al successo degli haida nel sostenere l’autodeterminazione, il concetto è stato esportato in tutto il Canada.
Oggi esistono più di 70 programmi di guardiani in vari stadi di sviluppo in Canada, secondo l’Indigenous leadership initiative, che s’impegna per ottenere più finanziamenti federali. Il loro obiettivo è raggiungere un livello paragonabile al recente investimento di 120 milioni di dollari australiani all’anno (circa 82 milioni di euro) che l’Australia ha destinato al suo programma Indigenous rangers. Un’iniezione di denaro che permetterà il funzionamento del programma fino al 2028.
Il guardacoste wuikinuxv Adam Nelson
I programmi attualmente impiegano fino a 18 guardiani ciascuno, posti di lavoro molto graditi in luoghi perlopiù remoti e rurali, dove l’occupazione è scarsa e che sono stati storicamente penalizzati. L’idea è stata allargata fino a includere i membri delle Prime nazioni tra gli ausiliari della guardia costiera, la cui idea fondamentale – autosufficienza e primo soccorso – rimane invariata. Quando i soccorsi sono molto lontani, è sempre più sicuro avere la propria barca e il proprio motore, e qualcuno che sappia cosa fare.
Chi non aveva bisogno di un lavoro era Patrick Johnson. Ne aveva già uno, ma ha accettato una significativa riduzione di stipendio pur di diventare un guardacoste wuikinuxv. Patrick è il fratello di George, l’uomo che si è ribaltato con la sua barca. È cresciuto a Rivers Inlet, e ha imparato a guidare una barca quando aveva sei o sette anni. Oggi, che ne ha più di cinquanta, conosce le acque intorno al villaggio meglio di chiunque altro. “Non cercavo un lavoro da guardiano all’epoca”, spiega. Gli era stato chiesto d’istruire alcuni guardiani più giovani in tema di nodi e di corsi d’acqua locali. Ma dopo che questi sono passati rapidamente ad altri lavori, Johnson è rimasto a presidiare la nave, frequentando tutti i corsi necessari a ottenere la certificazione in sicurezza, navigazione e primo soccorso. Secondo lui il programma ha un valore concreto. “Là fuori succedono cose, riceviamo continuamente chiamate che dicono: ‘Sta succedendo qualcosa, c’è qualcuno in acqua, andate a controllare’”, dice. “Dobbiamo sapere cosa sta succedendo in ogni momento”.
Come nelle Haida Gwaii, i guardiani sono un modo per i wuikinuxv di controllare l’ambiente e fare osservazioni scientifiche, che per loro sono uno degli strumenti principali con cui affermano la loro sovranità sul territorio. Un’indagine sui granchi in corso da sette anni mira a valutare la vitalità di quella risorsa ai fini della pesca commerciale. Sono inoltre in corso valutazioni sugli scorfani e sulla salute della popolazione degli orsi. Quest’ultima potrebbe essere una questione di vita o di morte, in un luogo dove gli orsi grizzly si aggirano regolarmente in città in cerca di cibo. Gli studi sulle popolazioni di orsi condotti dai wuikinuxv sono state fondamentali nella decisione del governo della British Columbia di porre fine alle gare di caccia nel 2017. Le Prime nazioni hanno recentemente pubblicato uno studio scientifico che invita a limitare la pesca di salmone per il consumo umano al fine di garantire che gli orsi abbiano abbastanza da mangiare. “Se vuoi che le cose cambino, devi avere la gente dalla tua parte, e devi essere in grado di fornire dati scientifici”, spiega Jennifer Walkus, una consigliera della Prima nazione Wuikinuxv. “Lo studio è stato sottoposto a revisione paritaria, superando l’esame. E poi può anche essere usato per ottenere l’approvazione della popolazione”.
Le uniche imbarcazioni che da queste parti si vedono di rado sono le pattuglie governative che dovrebbero garantire la sicurezza di tutto il traffico navale di Fitz Hugh Sound
Quando sbarcano i turisti in qualsiasi area dove operano dei guardiani, questi si presentano come un fronte unito, che diffonde l’autorità degli studi scientifici realizzati dalla comunità. Ogni estate, quando le barche dei visitatori tornano al distretto regionale di Central Coast, i guardiani ricordano a chi appartiene il territorio che stanno visitando. Johnson dice che era questa la parte preferita del suo lavoro: incontrare persone di tutto il mondo e osservare il suo territorio con i loro occhi. “Vengono dalla California, dal Texas, da ovunque. E incredibilmente si ricordano di te”, racconta. “È una bella sensazione”.
Il luogo che i turisti vengono a visitare è davvero stupefacente: le Montagne costiere si staccano bruscamente dai picchi dei ghiacciai e si gettano direttamente nell’oceano, dove si immergono per centinaia di metri. L’improvvisa caduta è anche una manna per la fauna marina, con una combinazione di carbonio organico disciolto dai fiumi e nutrienti che salgono dal mare profondo e si mescolano per creare un sontuoso banchetto per aringhe, orche e megattere. Agli occhi dei visitatori, Johnson era un’autorità per quanto riguarda le acque del suo territorio. Al contempo svolgeva un’importante attività scientifica e garantiva la sicurezza delle persone.
Poco più a nord i guardacoste nuxalk sono impegnati a cacciare gli orsi da Bella Coola a tutte le ore della notte. I guardiani kitasoo/xai’xais saranno fondamentali per la nuova area marina protetta della baia di Kitasoo. E nel territorio heiltsuk a ovest, i guardiani stanno sorvegliando l’area dove c’è stata una devastante perdita di gasolio dopo il naufragio del rimorchiatore Nathan E. Stewart nel 2016.
Durante uno dei giorni in cui mi sono unito ai guardiani in perlustrazione, ci siamo fermati nel sito di un campo forestale che non è mai stato ripulito, dove giaceva abbandonato un camioncino arrugginito, mentre dai canali di scolo un flusso liquido si riversava nell’insenatura. Le immagini satellitari mostrano che sopra il sito sono ancora in pieno corso attività di disboscamento. I guardiani si sono fermati in una comunità galleggiante a Dawson’s Landing, usata principalmente per i rifugi di pescatori che ancora percorrono le acque di Rivers Inlet. A un certo punto, in passato, da queste parti erano attivi 13 conservifici ittici, che sfruttavano quella che era stata una meraviglia del mondo: banchi di salmoni pulsanti che alimentavano interi ecosistemi, fatti di foreste, orsi, esseri umani e altre specie. Oggi non ci sono più, sostituiti da piccole imprese di pesca sportiva.
Nelson e Hanuse si sono presentati ai proprietari dell’emporio acquistando alcune provviste per la giornata, poi hanno spinto la barca al largo. Dawson’s Landing è l’ultima fermata, situata proprio all’interno dell’insenatura, prima di uscire nel Fitz Hugh Sound.
Una linea sulla mappa
Fitz Hugh Sound è un passaggio frequente per barche di tutti i tipi: pescherecci d’aringhe che saccheggiamo la costa nonostante le proteste delle Prime nazioni locali; rimorchiatori come la Nathan E. Stewart; navi da crociera; e traghetti. Tutti percorrono l’Inside Passage, un insieme protetto di vie d’acqua, per raggiungere la città di Prince Rupert o l’Alaska. Le uniche imbarcazioni che da queste parti si vedono di rado sono le pattuglie governative che dovrebbero garantire la sicurezza di tutto quel traffico, assicurando il rispetto di leggi e regolamenti vigenti. “Nella nostra parte del mondo, semplicemente, non le vediamo, purtroppo”, dice Doug Neasloss, direttore dell’amministrazione della Prima nazione kitasoo/xai’xais. “Disegnare una linea su una mappa non serve a proteggere i tuoi territori. Per quello servono le persone”. È stato questo a spingere i kitasoo/xai’xais ad avviare il loro programma di guardacoste: colmare le lacune lasciate su quel tratto di costa infinita. Era “il selvaggio west”, dice a proposito degli anni novanta, quando la pesca di frodo, il bracconaggio degli orsi grizzly e il disboscamento illegale dilagavano nel territorio della sua nazione.
“Abbiamo preso un tizio con le mani nel sacco, aveva abbattuto un enorme tratto di foresta”, ricorda. “È per questo genere di cose che faremo tutto il possibile per proteggere il nostro territorio”. Oggi i kitasoo/xai’xais hanno un progetto pilota che affida ai guardiani l’autorità normalmente attribuita ai funzionari dei parchi, come la vendita dei biglietti d’ingresso. Neasloss riferisce che stanno già vedendo i benefici della loro presenza, con “molte meno attività illegali” da quando i guardiani hanno cominciato il loro lavoro.
Mentre la barca dei guardiani wuikinuxv si muoveva in mare aperto, non c’era alcun segno della presenza del governo. “Gli orari e la frequenza delle pattuglie [delle autorità di pesca di Bella Bella] sono fatti per massimizzare la copertura e garantire il rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili che governano gli specifici tipi di pesca”, ha scritto via email un portavoce del Dfo, interpellato in proposito. Qualunque siano i loro orari abituali, non si vedono da nessuna parte né le piccole barche rapidi degli ufficiali della Dfo, né le eleganti navi della guardia costiera. Solo un rimorchiatore che sposta alcune attrezzature per il taglio del legname, pescherecci, e imbarcazioni a motore più piccole che si allontanano.
Il mare risplende sotto un sole brillante, con appena un’increspatura sulla superficie. Di tanto in tanto, uno spruzzo sale dalla superficie: sono le megattere che si fermano per nutrirsi durante la loro migrazione fra i tropici e il golfo dell’Alaska. A nuotare accanto alle balene c’è un branco di leoni marini che mangiano raccogliendo gli avanzi. Abbiamo svoltato in una baia protetta, dove la spiaggia bianca dimostra che qui, per millenni, le conchiglie sono state raccolte e schiacciate dalle onde. Nascosta nel bosco c’è una minuscola capanna di proprietà delle Prime nazioni, con letti a castello e una stufa a barile arrugginita che cade a pezzi, appoggiata al muro. Per loro è un luogo speciale, dove per generazioni le famiglie wuikinuxv si sono ritrovate alla punta estrema dell’insenatura. I guardiani si sono fermati per una pausa sigaretta e uno spuntino. Sono giovani: Hanuse ha 18 anni e Nelson, il responsabile, ne ha solo 23. Recentemente si è unita a loro anche Soleil O’wadi, che ha 22 anni. “È l’equipaggio di guardiani più giovane che i wuikinuxv abbiano mai avuto, credo”, mi dice O’wadi.
Soleil, che per parlare di sé usa i pronomi they/them, non è cresciuta immersa nella cultura wuikinuxv, ma sull’isola di Vancouver. Ora sta imparando a conoscere il territorio. Seduta vicino a una catasta di legna nel villaggio, parla saltellando. “È tutto entusiasmante in questo lavoro. È stata elettrizzante fin dall’inizio l’idea di conoscere il territorio. Adesso mi sembra di saperne abbastanza. Sì. È bellissimo lavorare sulla barca e trascorrere del tempo con i nostri ragazzi”.
Essere gli occhi e le orecchie della loro nazione è motivo d’orgoglio. C’è molto di cui essere orgogliosi: i salvataggi, il monitoraggio, la terra, e il ricollegarsi a essa ogni giorno. Siamo usciti dalla baia protetta e siamo tornati verso le balene. Presto ci hanno circondato. Con il motore spento, il suono del respiro delle balene rimbombava sull’acqua ogni volta che riaffioravano. Un cucciolo di balena continuava a emergere con esuberanza, colpendo la superficie dell’acqua alzando quasi un muro intorno a sé. “Mi sento a casa qui”, dice O’wadi. “Mi sento al sicuro”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sulla rivista d’inchiesta canadese The Narwhal. The Narwhal ringrazia il dipartimento d’istruzione e coinvolgimento indigeno dell’Humber college per le consultazioni relative alle segnalazioni da parte delle comunità indigene. Questo articolo è stato reso possibile dallo StoryLab dell’Humber college, dalla facoltà di media e arti creative, e dal centro Pulitzer per il giornalismo di crisi.
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