Oltre a incoraggiare la cooperazione, “i rituali religiosi hanno giocato un ruolo più oscuro nell’evoluzione delle società complesse moderne”, scrive un gruppo di ricercatori sulla rivista Nature. Il team ha studiato la pratica dei sacrifici umani in alcune società del Pacifico. Hanno concluso che le uccisioni rituali hanno permesso “la transizione dai piccoli gruppi egualitari dei nostri antenati alle società più grandi, organizzate in classi, nelle quali viviamo”.
Joseph Watts e i colleghi hanno studiato 93 culture tradizionali austronesiane, tutte con origini taiwanesi, ma sviluppate in ambienti molto diversi. In queste culture, i racconti di sacrifici umani erano abbastanza comuni. Le uccisioni avvenivano, per esempio, per il funerale di un capo o la violazione di un tabù. A essere sacrificate erano persone di basso livello sociale, come gli schiavi, su ordine di capi e sacerdoti.
I ricercatori hanno trovato che nelle società egualitarie era più raro trovare la pratica. In quelle organizzate in classi, la pratica rafforzava la divisione e la rendeva ancora meno egualitaria. I sacrifici umani erano più comuni nelle società in cui lo status sociale era completamente determinato alla nascita.
Secondo lo studio pubblicato su Nature, i sacrifici umani erano praticati nel 25 per cento delle società egualitarie, nel 37 per cento delle società parzialmente organizzate e nel 65 per cento di quelle senza alcuna mobilità sociale.
Sembra quindi giustificata l’ipotesi che le uccisioni rituali rafforzino il potere delle caste.
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