Il 14 aprile l’Unione europea ha annunciato un aiuto finanziario da 1,6 miliardi di euro ai palestinesi, di cui più del 50 per cento destinato a rafforzare l’Autorità nazionale palestinese (Anp). Leggi
Il 25 marzo centinaia di persone hanno scandito slogan contro Hamas durante una manifestazione per chiedere la fine della guerra a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza. Leggi
Il 4 marzo un piano egiziano per la Striscia di Gaza, alternativo a quello del presidente statunitense Donald Trump, è stato approvato durante un vertice della Lega araba al Cairo. Leggi
Il 6 febbraio Israele ha annunciato di aver avviato i preparativi per il “trasferimento su base volontaria degli abitanti della Striscia di Gaza”, dopo le recenti affermazioni del presidente statunitense Donald Trump. Leggi
Decine di migliaia di sfollati palestinesi sono in marcia il 27 gennaio verso le loro città e i loro villaggi nel nord della Striscia di Gaza, devastata da quindici mesi di guerra, in seguito a un accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di sei ostaggi. Leggi
Il 30 settembre la bandiera palestinese è stata issata per la prima volta al quartier generale delle Nazioni Unite di New York, alla presenza del presidente della Palestina, Abu Mazen, e del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Leggi
Il presidente palestinese Abu Mazen ha minacciato di fare dimettere nelle prossime ore il governo guidato da Rami Hamdallah. Secondo la stampa israeliana e palestinese, Abu Mazen ne ha parlato in una riunione del Consiglio rivoluzionario di Al Fatah, la sera del 16 giugno. Le dimissioni sarebbero dovute all’impossibilità del governo di unità nazionale di operare nella Striscia di Gaza per gli ostacoli frapposti da Hamas. Abu Mazen dovrebbe incontrare subito Hamdallah al quale chiederà di formare un nuovo governo.
L’esecutivo si è insediato nel giugno scorso, proprio per mettere fine alle gravi divergenze tra Al Fatah, che amministra la Cisgiordania, e Hamas, che controlla la Striscia di Gaza. Israele e Hamas hanno avviato contatti indiretti per una tregua sul lungo termine nella Striscia, con la collaborazione di mediatori arabi ed europei. E sarebbe proprio questo il motivo della decisione di Abu Mazen, convinto che un’eventuale intesa tra lo stato ebraico e Hamas – con il coinvolgimento del Qatar e della Turchia – lo isolerebbe a livello politico e rappresenterebbe un duro colpo per il governo di riconciliazione guidato da Hamdallah.
Le due parti governano separatamente da quando Hamas, che vinse le elezioni nel 2006, allontanò Fatah dalla Striscia di Gaza nel 2007. Anche se il partito di Abu Mazen e il movimento islamico hanno formalmente accettato il nuovo governo, restano profondi contrasti. Hamas ha già fatto sapere attraverso un portavoce che si opporrà a “qualsiasi cambiamento unilaterale nel governo” a cui è associato.
Il presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato che nelle prossime ventiquattr’ore il governo palestinese si dimetterà. Abu Mazen lo avrebbe detto, secondo alcune agenzie di stampa, in una riunione del Consiglio rivoluzionario del suo partito Al Fatah. Afp
Il segretario di stato statunitense John Kerry ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen ad Amman, in Giordania, per discutere delle tensioni a Gerusalemme e nei territori occupati.
L’incontro si è tenuto a qualche ora di distanza dai nuovi scontri tra manifestanti palestinesi e polizia israeliana a Gerusalemme Est.
In serata Kerry incontra anche il re Abdallah di Giordania e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Reuters
Ai negoziati del Cairo con Israele la priorità della delegazione palestinese dev’essere ristabilire il collegamento tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Leggi
In Israele la negazione della realtà sta raggiungendo livelli mai visti prima. Leggi
Il 29 novembre, con 138 voti favorevoli, 9 contrari e 41 astenuti, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la richiesta palestinese di diventare stato non membro osservatore dell’Onu. Leggi
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