L’attivista filippina per i diritti umani Leila de Lima, in prigione da più di sei anni, ha ottenuto il 13 novembre la scarcerazione su cauzione, ha annunciato il suo avvocato Filibon Tacardon.
“È un momento di gioia”, ha dichiarato de Lima alla stampa mentre lasciava il tribunale circondata da agenti di polizia. Poi è salita a bordo di un minibus per essere riportata in prigione.
Non è ancora chiaro quando sarà scarcerata, ma dovrebbe essere questione di giorni. La cauzione è stata fissata a 300mila pesos (circa cinquemila euro).
De Lima, un’avvocata di 64 anni, ex senatrice e ministra della giustizia, è stata arrestata nel febbraio 2017, all’epoca della presidenza di Rodrigo Duterte, con l’accusa di traffico di droga, considerata politicamente motivata dalle organizzazioni per i diritti umani.
Prima del suo arresto de Lima aveva trascorso dieci anni a indagare sulle migliaia di persone che si sospettava fossero state uccise dagli “squadroni della morte” che Duterte aveva creato nell’ambito della sua “guerra alla droga” quand’era sindaco di Davao, nel sud del paese, e poi riproposto dopo essersi insediato come presidente nel 2016.
Da quando Ferdinand Marcos Jr. è diventato presidente nel giugno 2022, si sono moltiplicati gli appelli di diplomatici e attivisti per il suo rilascio.
“Abuso di potere”
“Non vedo l’ora di essere libera”, ha dichiarato il 13 novembre de Lima. “È dura stare in prigione quando si è innocenti”.
Tacardon ha riferito che la sua cliente ha pianto quando il tribunale di Manila ha annunciato la decisione.
Anche l’ong Human rights watch ha salutato la scarcerazione su cauzione di de Lima. “Non avrebbe mai dovuto essere arrestata”, ha affermato in un comunicato Bryony Lau, vicedirettrice dell’ong per l’Asia.
Secondo Lau, Duterte “ha abusato del suo potere e fabbricato false prove per punire de Lima delle critiche alla sua ‘guerra alla droga’”.
L’attivista è stata accusata di aver accettato denaro da alcuni detenuti in cambio del permesso di vendere droga quando era ministra della giustizia (2010-2015), all’epoca della presidenza di Benigno Aquino.
Due testimoni dell’accusa sono morti e altri hanno ritrattato la loro testimonianza, sostenendo di essere stati costretti a formulare accuse contro di lei.
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