Il campo profughi di Jabalia, nella Striscia di Gaza, il 14 novembre 2023. (Fadi Alwhidi, Anadolu/Getty Images)

Migliaia di civili sono intrappolati il 14 novembre nel principale ospedale della città di Gaza, messo sotto assedio dall’esercito israeliano. Il direttore della struttura Mohammed Abu Salmiya ha affermato che almeno 179 corpi sono stati sepolti in una fossa comune.

Pazienti, medici, infermieri e civili sono ammassati nell’ospedale Al Shifa, che secondo Israele è collegato a una rete di tunnel in cui ci sono infrastrutture di Hamas.

“Quello che sta accadendo è disumano”, ha affermato Medici senza frontiere (Msf) sul social network X.

“Abbiamo sepolto almeno 179 corpi in una fossa comune scavata nel complesso ospedaliero Al Shifa”, ha dichiarato all’Afp il direttore della struttura, aggiungendo che tra le vittime ci sono sette neonati prematuri, morti a causa della mancanza di elettricità. “Siamo stati costretti a farlo perché le camere refrigerate degli obitori sono fuori servizio”.

Un giornalista che collabora con l’Afp ha detto che all’interno dell’ospedale l’odore dei corpi in decomposizione è soffocante.

Mediazione del Qatar

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 11.240 persone, tra cui 4.630 bambini. L’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre ha invece causato circa 1.200 vittime in Israele. L’esercito israeliano ha annunciato il 14 novembre che 46 soldati sono morti dall’inizio del conflitto.

Secondo le stime dell’esercito israeliano, il 7 ottobre Hamas ha preso in ostaggio circa 240 persone. Il 14 novembre Israele ha annunciato la morte di Noa Marciano, una soldata di 19 anni che era in ostaggio. Secondo Hamas, Marciano è rimasta uccisa in un bombardamento israeliano.

Intanto, sono ancora in corso i negoziati, con la mediazione del Qatar, per ottenere il rilascio di decine di ostaggi in cambio di un cessate il fuoco.

I familiari degli ostaggi partecipano il 14 novembre a una marcia da Tel Aviv all’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme. Lo scopo è fare pressione sul premier affinché si attivi per il loro rilascio.

Il 13 novembre Daniel Hagari, un portavoce dell’esercito israeliano, ha affermato che i soldati hanno trovato tracce di ostaggi detenuti da Hamas in una cantina dell’ospedale pediatrico Al Rantisi a Gaza.

Le autorità di Hamas hanno annunciato il 13 novembre che tutti gli ospedali nella parte nord della Striscia di Gaza sono fuori servizio a causa della mancanza di elettricità.

Il presidente statunitense Joe Biden ha invitato Israele ad agire con moderazione, affermando che l’ospedale Al Shifa dovrebbe “essere protetto”.

Trenta vittime a Jabalia

Le Nazioni Unite hanno più volte chiesto a Israele di consentire l’invio di carburante a Gaza per alimentare i generatori degli ospedali. Israele ha rifiutato sostenendo che il carburante potrebbe essere usato da Hamas per scopi militari.

“I pazienti in terapia intensiva e i neonati prematuri moriranno nel giro di poche ore”, ha affermato un medico di Msf.

“Stiamo cercando di trasferire più persone possibile”, ha dichiarato la sera del 13 novembre Peter Lerner, un portavoce dell’esercito israeliano. Secondo lui, all’interno dell’ospedale ci sono “alcune centinaia” di persone, mentre secondo il viceministro della salute di Hamas, Yussef Abu Rich, ce ne sono ventimila.

Il 14 novembre Hamas ha affermato che più di cento persone sono morte il giorno prima nei bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza, uno dei quali ha ucciso trenta persone nell’ospedale indonesiano del campo profughi di Jabalia.

“Hamas ha perso il controllo di Gaza e i suoi combattenti stanno fuggendo verso sud”, ha affermato il 13 novembre il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.

Secondo le Nazioni Unite, circa 1,6 milioni di abitanti della Striscia di Gaza su un totale di 2,4 milioni sono stati costretti a lasciare le loro case.

Negli ultimi giorni decine di migliaia di palestinesi sono fuggiti dal nord della Striscia usando dei corridoi aperti dall’esercito israeliano.

Nella parte sud del territorio centinaia di migliaia di sfollati vivono ammassati al confine con l’Egitto, in condizioni molto difficili.

Gli aiuti umanitari internazionali che passano attraverso il valico di Rafah sono del tutto insufficienti, secondo le Nazioni Unite.