Il primo ministro indiano Narendra Modi ha inaugurato il 22 gennaio un tempio indù ad Ayodhya, nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, dove in precedenza c’era una moschea la cui distruzione aveva scatenato un’ondata di violenze religiose.
Nel cuore del tempio Ram Mandir, che ha un’altezza di cinquanta metri, Modi ha svelato una statua dedicata al dio Rama.
“Il 22 gennaio 2024 non è un giorno qualsiasi, ma l’alba di una nuova era”, ha affermato il premier durante la cerimonia d’inaugurazione, che segna il trionfo nella sua politica nazionalista indù.
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Il tempio, costato circa 240 milioni di dollari, è stato costruito sul sito di una moschea distrutta da estremisti indù nel 1992.
La distruzione della moschea di Babri, incoraggiata da esponenti del partito al governo, scatenò le più gravi violenze religiose dall’indipendenza dell’India nel 1947. Morirono circa duemila persone, in maggioranza di religione musulmana.
Decine di migliaia di fedeli hanno raggiunto Ayodhya per partecipare all’inaugurazione del tempio. Molti hanno percorso i 140 chilometri che separano il capoluogo Lucknow da Ayodhya, costeggiati da cartelli con i ritratti del dio Rama, di Modi e di Yogi Adityanath, capo del governo dell’Uttar Pradesh.
L’evento ha anche permesso a Modi, leader del Bharatiya Janata Party (Bjp, al governo), di lanciare ufficiosamente la sua campagna elettorale in vista delle legislative, previste in primavera. Secondo i sondaggi, Modi non dovrebbe avere problemi a ottenere la conferma per un terzo mandato.
In base alla religione induista, il dio Rama nacque ad Ayodhya più di settemila anni fa.
La moschea di Babri fu costruita nella cittadina da un imperatore musulmano nel cinquecento.
Il Bjp, che nel 1992 non era al potere, ebbe un ruolo chiave nella campagna che portò alla distruzione della moschea, organizzando nei mesi precedenti manifestazioni in tutto il paese.
I partiti d’opposizione hanno boicottato l’inaugurazione del tempio, sostenendo che fosse un evento elettorale.
In India vivono circa duecento milioni di musulmani.
“Per me il tempio è un simbolo di morte e distruzione”, ha dichiarato all’Afp
Mohammed Shahid, un musulmano di 52 anni. Suo padre fu bruciato vivo dagli estremisti indù durante le violenze del 1992.