Il 15 luglio i deputati del Gambia hanno respinto un progetto di legge che avrebbe revocato il divieto di praticare mutilazioni genitali femminili, in vigore dal 2015, dopo mesi di tensioni e forti pressioni internazionali.

I deputati hanno respinto tutti gli emendamenti al testo del 2015.

Le organizzazioni per i diritti umani e le Nazioni Unite avevano invitato i deputati a respingere il progetto di legge, affermando che avrebbe compromesso anni di progressi e reso il Gambia il primo paese a revocare il divieto.

“Dichiaro che il progetto di legge è respinto”, ha affermato Fabakary Tombong Jatta, presidente dell’assemblea nazionale.

Il testo, presentato all’assemblea nazionale a marzo, ha spaccato l’opinione pubblica del Gambia, un paese dell’Africa occidentale a maggioranza musulmana.

Presentato dal deputato Almameh Gibba, definiva le mutilazioni genitali femminili pratiche culturali e religiose profondamente radicate nel paese.

Le mutilazioni genitali femminili comprendono la rimozione parziale o totale del clitoride (escissione) o dei genitali esterni. Oltre al dolore e alle conseguenze psicologiche, possono causare infezioni, emorragie, infertilità e complicazioni al momento del parto.

Il Gambia è uno dei dieci paesi con il più alto tasso di mutilazioni genitali femminili. Secondo l’Unicef, il 73 per cento delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni ha subìto queste pratiche.

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