I dipendenti della Boeing dell’area di Seattle hanno respinto il 23 ottobre una nuova proposta di contratto, prorogando così uno sciopero cominciato alla metà di settembre. Lo stesso giorno la Boeing ha registrato la peggiore perdita trimestrale degli ultimi quattro anni.
Circa 33mila lavoratori dell’area di Seattle, nel nordovest degli Stati Uniti, dove la Boeing è stata fondata nel 1916, sono in sciopero dal 13 settembre nelle due fabbriche principali dell’azienda, dove si producono tra le altre cose gli aerei 737 (il più venduto), il 767 e il 777.
L’ultima proposta della Boeing prevedeva aumenti salariali del 35 per cento in quattro anni, senza però ripristinare il regime pensionistico abolito nel 2008, come chiedevano i lavoratori.
Il 64 per cento degli iscritti alla sezione locale del sindacato Iam ha respinto la proposta.
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Lo sciopero era stato indetto in seguito al rifiuto di un’altra proposta presentata l’8 settembre e considerata insufficiente.
Lo Iam chiede aumenti salariali del 40 per cento per compensare l’inflazione degli ultimi anni, che ha ridotto il potere d’acquisto dei lavoratori in una delle aree più care degli Stati Uniti.
La proroga dello sciopero arriva dopo che il 23 ottobre la Boeing ha registrato la peggiore perdita trimestrale degli ultimi quattro anni (6,17 miliardi di dollari), in un momento in cui la sua situazione finanziaria è precaria in seguito agli incidenti di due 737 Max 8 nel 2018 e nel 2019, che hanno causato la morte di 346 persone, e a una serie di problemi di qualità della produzione.
Nel quarto trimestre del 2020 l’azienda aveva registrato una perdita record di 8,42 miliardi.
“Il mio compito è riportare questa grande azienda alla posizione di leadership che le compete”, ha dichiarato in una nota Kelly Ortberg, che l’8 agosto ha assunto l’incarico di amministratrice delegata della Boeing in sostituzione di Dave Calhoun.
A settembre la Boeing ha consegnato trentatré aerei, che erano stati completati prima dello sciopero, ma i prossimi mesi saranno complicati per l’azienda.
Oltre all’insoddisfazione delle compagnie aeree, costrette a rivedere i loro piani, questi ritardi comportano minori entrate, dato che circa il 60 per cento del prezzo d’acquisto è pagato alla consegna.
Nelle ultime settimane l’azienda ha annunciato una riduzione del 10 per cento della sua forza lavoro globale, che alla fine del 2023 era di quasi 171mila dipendenti.