L’amministrazione Trump ha annunciato il 25 febbraio che assumerà il controllo del pool di giornalisti ammessi a seguire più da vicino il presidente statunitense, revocando un sistema, in vigore da decenni, gestito dai mezzi d’informazione stessi attraverso la White House correspondents’ association (Whca).

“D’ora in poi saremo noi a condurre le danze”, ha dichiarato Donald Trump.

“In un paese libero non sono le autorità a scegliersi i giornalisti”, ha denunciato la Whca in un comunicato.

Poche ore prima la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt aveva affermato che il “pool”, un piccolo gruppo di giornalisti autorizzati a seguire Trump negli spazi ristretti, per esempio lo Studio ovale e l’aereo presidenziale Air Force One, sarebbe stato aperto a nuovi mezzi d’informazione scelti dal governo.

“Stiamo restituendo il potere al popolo”, aveva aggiunto Leavitt.

Finora la composizione del pool di giornalisti era decisa dalla Whca.

L’associazione, fondata nel 1914, gestiva il pool di giornalisti che accompagna il presidente nelle sue apparizioni pubbliche, in particolare quando viaggia negli Stati Uniti e all’estero.

Tra le altre cose assegnava i tredici posti riservati alla stampa sull’Air Force One e quelli nella sala stampa della Casa Bianca.

Il pool ha il compito di riferire azioni e dichiarazioni del presidente a beneficio dei giornalisti che non sono presenti, attraverso relazioni scritte, registrazioni audio e video, e fotografie.

Il responsabile dei corrispondenti del New York Times alla Casa Bianca, Peter Baker, ha dichiarato sul social network X che la decisione dell’amministrazione Trump ricorda quella analoga presa dal Cremlino qualche anno fa.

Trump, che durante la campagna elettorale ha più volte attaccato i giornalisti, arrivando a definirli “nemici del popolo”, ha già spalancato le porte a conduttori, podcaster e influencer popolari tra i suoi elettori.

Qualche settimana fa la Casa Bianca aveva bandito l’agenzia di stampa Associated Press (Ap), un pilastro del giornalismo statunitense, dallo Studio ovale e dall’aereo presidenziale Air Force One per aver rifiutato di usare la nuova denominazione del golfo del Messico, ribattezzato golfo d’America con un ordine esecutivo firmato da Trump.