Pyongyang, capitale della Corea del Nord, fu completamente distrutta durante la guerra di Corea (1950-1953) e poi immediatamente ricostruita sotto le direttive del leader Kim Il-sung. Il disegno della nuova città, “che oggi rappresenta uno dei più grandi esempi di architettura socialista, avrebbe dovuto far sentire ogni cittadino parte di una visione di progresso”, sostiene il giornalista di Time Richard Conway.
Nell’aprile del 2014 il fotografo olandese Eddo Hartmann parte per il paese e comincia il suo progetto Setting the stage: Pyongyang, North Korea. Nel suo viaggio, durato alcuni mesi, è stato accompagnato da due guide che gli hanno spiegato come avrebbe potuto svolgere il suo lavoro. Poteva usare solo una macchina fotografica digitale per avere la possibilità di mostrare le sue immagini quando e se richiesto, e non avrebbe dovuto fotografare né l’esercito né i cantieri e gli edifici in costruzione (regole che comunque deve seguire chiunque visiti il paese).
“Le immagini di Hartmann riflettono necessariamente le rigide regole imposte dal regime. Si tratta di un lavoro di fotografia artistica, non documentaria. A differenza delle immagini del fotoreporter David Guttenfelder, (che è stato uno dei primi ad avere avuto l’autorizzazione a scattare foto nel paese) non si tratta di racconti di vita quotidiana, ma ritraggono la città in un’atmosfera quasi teatrale”, continua Conway, dove poche figure umane si muovono lentamente sotto l’imponenza delle rigide architetture.
Il risultato è il racconto di una città che appare quasi svuotata da ogni elemento superfluo: dai muri puliti ai corridoi scintillanti della metropolitana alle ombre degli alberi fioriti.
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