Il Regno Unito è stato uno dei dodici paesi fondatori dell’Unione europea, sancita nel 1992 con il Trattato di Maastricht. Il 23 giugno, attraverso il secondo referendum popolare della loro storia, i cittadini britannici hanno votato per uscire dall’Europa.
L’opzione leave (lasciare) ha vinto con il 51,9 per cento, contro il 48,1 per cento del remain (restare). In totale hanno scelto di lasciare l’Unione più di 17 milioni di britannici; gli europeisti hanno vinto solo a Londra, in Scozia e nell’Irlanda del Nord.

Il premier inglese David Cameron durante la campagna elettorale si era apertamente schierato contro la Brexit. Subito dopo aver ricevuto i dati definitivi del referendum, ha annunciato le sue dimissioni. Nigel Farage, leader del Partito per l’indipendenza del Regno Unito (Ukip), ha proposto di celebrare il 23 giugno come festa dell’indipendenza nazionale.

Da Bruxelles, il presidente del consiglio europeo Donald Tusk ha definito la Brexit “una decisione politicamente drammatica”. Martin Schulz, il presidente del parlamento europeo, in cui al momento ci sono 73 deputati del Regno Unito, in un tweet ha ricordato polemicamente le relazioni difficili tra Bruxelles e Londra. Schulz ha augurati che i negoziati per l’uscita del Regno Unito siano rapidi.

Intanto i mercati sono crollati: la borsa di Tokyo ha chiuso con una perdita del 7,92 per cento e, nonostante le rassicurazioni della Banca centrale europea, pronta a fornire la liquidità necessaria, le borse europee stanno seguendo un andamento negativo. La sterlina ha subìto un calo del 5 per cento, e ora è ai minimi storici rispetto al dollaro, non accadeva dal 1985.

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