Il sistema sanitario dello Yemen è collassato
Il sistema sanitario yemenita era già duramente colpito da cinque anni di guerra quando è arrivata la pandemia di covid-19. A poco più di un mese dal primo caso, registrato ufficialmente il 13 aprile, il 22 maggio le Nazioni Unite hanno suonato il campanello d’allarme dichiarando che la sanità del paese è “effettivamente collassata”. Gli operatori umanitari continuano a lavorare “con la consapevolezza che il contagio sta dilagando nel paese”, ha affermato Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha).
Un numero troppo basso di test, la carenza di dispositivi di protezione e di materiale medico costringono infatti il personale impegnato sul campo a mandare via le persone che non possono curare. In due settimane, dal 30 aprile al 17 maggio, l’ong Medici senza frontiere ha registrato 68 morti nel suo centro di Aden, l’unico dedicato ai malati di nuovo coronavirus in tutto il sud del paese. Il personale umanitario è inoltre preoccupato dal fatto che la popolazione yemenita sia più esposta al virus perché la malnutrizione, a cui è gravemente soggetta, abbassa le difese immunitarie.
Due miliardi di dollari è la cifra stimata dalle Nazioni Unite per permettere ai programmi umanitari di continuare a operare. Una conferenza di raccolta fondi promossa dall’Onu è prevista il 2 giugno in Arabia Saudita. “Se non otteniamo questi fondi, quei programmi che possono salvare gli yemeniti e che sono fondamentali per la lotta al covid-19 saranno costretti a chiudere. E così il mondo sarà testimone di cosa succede a un paese che combatte il covid-19 senza avere un sistema sanitario efficiente. Credo che nessuno voglia vederlo accadere”, ha avvertito Laerke.
Nello Yemen sono stati ufficialmente registrati 184 casi, con trenta morti, un bilancio gravemente sottostimato secondo molte ong attive nel paese.
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