Il buon esempio della Namibia
Dopo aver registrato i primi due casi alla metà di marzo, la Namibia ha preso misure tempestive per contenere i contagi, tanto che per 45 giorni (dal 7 aprile al 21 maggio) non ha individuato nuovi malati di covid-19. Dal 22 maggio sono stati registrati alcuni nuovi casi, ma il bilancio delle vittime resta molto contenuto: 22 contagi e nessun morto. Come scrive The Namibian, il paese si prepara quindi alla fase 3 della riapertura (con il via libera a ristoranti, chiese e scuole), tranne Walvis Bay, dove si torna al punto di partenza perché lì ci sono stati gli ultimi contagi.
Questo successo, commenta The Africa Report, è il risultato dell’impegno di organizzazioni governative e non, ma anche del fatto che il presidente Hage Geingob ha adottato le prime misure di contenimento ad appena dieci ore dall’annuncio ufficiale dei primi casi. Un’attenzione speciale è stata riservata alle necessità economiche delle fasce più povere della popolazione (la Namibia è un paese con grandi disuguaglianze), che hanno ricevuto donazioni in denaro e pacchetti alimentari. Aiutando queste famiglie, si è garantito che rispettassero il lockdown.
Alcuni fanno notare che la Namibia ha una densità di popolazione molto bassa, 3 abitanti per chilometro quadrato, contro i 49 del Sudafrica e gli 84 dell’Egitto, i paesi più colpiti del continente. Tuttavia anche in Namibia ci sono comunità molto popolate, dove il rischio d’infezione è alto. Per questo una delle prime decisioni del governo è stata isolare la capitale Windhoek e la regione costiera di Erongo, dov’era stata registrata la maggior parte dei casi.
La crisi del covid-19 contiene delle lezioni per il futuro, ha dichiarato la premier Saara Kuungongelwa-Amandhila: “Bisogna rafforzare la sanità pubblica, includere le donne, costruire una società resiliente, anche dal punto di vista economico”.
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