“Usare la parola ‘troia’ non mi piace neanche. Mi sembrava semplicemente cool”, borbotta Tyler, the Creator sul finale del brano Corso. Nel suo sesto album Call me if you get lost il rapper californiano offre uno sguardo su un altro lato della sua personalità. Questa volta assume le sembianze del giramondo Tyler Baudelaire, omaggio al poeta francese dell’ottocento. L’introduzione di questo eccentrico personaggio scatena una serie di sfortunati eventi, come i naufragi delle relazioni amorose (Corso e Wilshire). I passaggi tra un pezzo e l’altro sono magnifici. Il precedente Igor, vincitore del Grammy 2019, era un labirinto pieno d’insidie in grado di farci barcollare, Call me if you get lost invece non ci dà tregua. I sintetizzatori diventano vertiginosi in Sweet/I thought you wanted to dance, una lenta jam in cui compare la voce di Brent Faiyaz. Questo disco ricorda il meglio dei lavori passati del rapper, dai ritmi sinistri di Goblin all’approccio poco ortodosso di Cherry bomb. Tyler, the Creator continua a stupirci.
Roisin O’Connor, Independent
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Questo articolo è uscito sul numero 1416 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati