
“Il KwaZulu-Natal brucia per Zuma”, titola l’edizione domenicale di The Witness, il quotidiano della città di Pietermaritzburg, in Sudafrica. Il 9 luglio sono scoppiate violente proteste, in particolare nella provincia del Gauteng – dove ci sono Johannesburg e Pretoria – e in quella a maggioranza zulu del KwaZulu-Natal, contro l’incarcerazione dell’ex presidente Jacob Zuma. Il 29 giugno Zuma era stato condannato a quindici mesi di prigione per oltraggio alla corte e si è consegnato alla polizia solo nella tarda serata del 7 luglio. Nei giorni successivi i suoi sostenitori sono scesi in piazza scontrandosi con le forze di sicurezza, e hanno saccheggiato e distrutto negozi e centri commerciali. Alle proteste si sono uniti i cittadini esasperati dalla povertà e dalla disoccupazione, aggravate dalla pandemia. Il 12 luglio il presidente Cyril Ramaphosa ha schierato l’esercito a Johannesburg e nel KwaZulu-Natal per fermare gli scontri, che nei primi sei giorni sono costati la vita ad almeno 72 persone. Altre 1.200 sono state arrestate. Le violenze hanno bloccato le attività di ospedali e centri vaccinali. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1418 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati