Il vantaggio del candidato di sinistra Gustavo Petro, della coalizione Pacto histórico, al primo turno delle elezioni presidenziali colombiane del 29 maggio era annunciato (ha ottenuto il 40,3 per cento dei voti). Ma nessuno immaginava che il suo avversario di destra Federico Gutiérrez detto Fico (arrivato terzo con il 23,9 per cento) fosse superato da Rodolfo Hernández, del Movimiento liga de gobernantes anticorrupción, che ha preso il 28 per cento e affronterà Petro al ballottaggio il 19 giugno.

Gutiérrez ha subito invitato i suoi elettori ad appoggiare Hernández, un imprenditore di destra ed ex sindaco di Bucaramanga, che ha fatto della lotta alla corruzione la sua battaglia principale, anche se è coinvolto in un caso di corruzione di cui dovrà rispondere a luglio. “L’ingegnere”, come si fa chiamare, non sa contenere la violenza verbale e fisica, ha fatto più volte commenti misogini e non ha nascosto la sua ammirazione per Adolf Hitler. Se si accetta la possibilità che al ballottaggio i voti di Gutiérrez vadano tutti a Hernández, allora la nuova alleanza oligarchica otterrà più del 50 per cento dei voti e potrà guidare il paese. Ma Petro può ancora mobilitare una parte dei cittadini che non sono andati alle urne, cioè il 45 per cento degli elettori. Di certo non sarà un compito facile.

La Colombia può decidere tra un modello oligarchico, più rozzo di quello che è stato al potere negli ultimi decenni, e un cambiamento radicale. Petro infatti vuole andare incontro alle necessità della popolazione, portare avanti una transizione energetica con una chiara impronta ambientalista e instaurare una politica estera sovrana e indipendente da Washing­ton. Per il bene della Colombia, dell’America Latina e del mondo dobbiamo sperare che abbia la meglio. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1463 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati