Con X si torna, in modo intelligente e intenso, a tempi meno innocenti, quando i film potevano essere spinti, poco raccomandabili e poco riconoscibili. Due tipologie di film in particolare: quelli zozzi e quelli dell’orrore. Ambientato nel 1979, prima che internet rendesse onnipresente la pornografia e prima che si cominciasse a pontificare sull’horror “elevato”, X sembra voler insistere sul fatto che la carne e il sangue di quelle pellicole siano letteralmente carne e sangue. Tre attori (due donne e un uomo), un regista, una tuttofare e un presunto produttore arrivano in una remota fattoria dove hanno affittato un annesso per realizzare un porno. Il proprietario è un decrepito e inquietante contadino che chiede un po’ di discrezione alla troupe, per non disturbare la moglie, reclusa nella casa principale. Trattandosi di un horror non è uno spoiler dire che molti dei personaggi non sopravviveranno. Asce, forconi e fucili sono sempre a portata di mano e, per non farsi mancare nulla, c’è anche un alligatore nello stagno vicino. Ti West non ha problemi a rendere il tutto ancora più sinistro con tagli e cambi d’inquadratura. La sequenza delle uccisioni, i motivi del massacro e l’identità del sopravvissuto forse non risponderanno alle aspettative. In particolare il vecchio circuito che collega l’horror e la sessualità femminile è stato sostituito con uno più moderno e X finisce in un territorio nuovo e interessante, scoprendo una chiave femminista nella tradizione horror, che forse è stata sempre a portata di mano. La dimensione meta si traduce in un’ode al cinema indipendente e alcuni aspetti dell’ambientazione sono dei regali inattesi. Un po’ come tutto il film.
A.O. Scott, The New York Times

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati