Quando è scoppiata la pandemia di covid-19 e i primi casi erano circoscritti a Wuhan, in Cina, erano due le ipotesi più diffuse. La prima affermava che il virus era stato trasmesso agli esseri umani dagli animali vivi venduti in un mercato della città; la seconda che fosse uscito da un laboratorio dove si facevano ricerche sui virus. Gli scienziati non hanno ancora confermato nessuna delle due teorie, ma la tesi del laboratorio sembra sempre meno credibile. Questo tipo di incidenti è però capitato in passato. È il caso della petunia arancione, a cui il fotografo austriaco Klaus Pichler ha dedicato un progetto, che poi è diventato un libro autoprodotto.
Nel maggio 2015 il botanico Teemu Teeri, mentre usciva dalla stazione di Helsinki, in Finlandia, notò una fioriera di petunie di un arancione molto acceso. Sorpreso, visto che non è un colore naturale per le petunie, lo scienziato prese alcuni gambi per analizzarli in laboratorio. Osservandoli, scoprì dei segmenti di dna che erano stati inseriti artificialmente e che erano responsabili di quel colore. Era l’inizio di quella che fu chiamata la crisi della petunia. Nel 2017 il ministero dell’agricoltura statunitense vietò tutte le varianti di petunia arancione perché considerate organismi geneticamente modificati. Si stima che il caso, conosciuto come petunia carnage (carneficina), costò almeno trenta milioni di euro solo in Europa.
Secondo me un progetto artistico deve combinare divertimento e informazione, soprattutto quando tratta di temi seri”
Facciamo un passo indietro. Alla fine degli anni ottanta, all’istituto Max Planck di Colonia, in Germania, si svolsero i primi esperimenti d’ingegneria genetica sulla selezione controllata delle piante. All’epoca, nel giardino del laboratorio, furono piantate trentamila petunie transgeniche rosa salmone. Il colore artificiale doveva servire a isolare i trasposoni (i cosiddetti geni saltatori) e a studiare la loro importanza nell’evoluzione. L’esperimento, che provocò le proteste dei gruppi contrari alle manipolazioni genetiche, non andò a buon fine. Nell’estate del 1990, a causa di un’ondata di caldo, le petunie erano diventate sempre più pallide. I mezzi d’informazione lo definirono “il più grande fallimento nel campo della ricerca genetica”. Tuttavia, in seguito questa esperienza permise di ottenere nuove conoscenze scientifiche nel campo dell’epigenetica, una disciplina che studia gli effetti dell’ambiente sui geni, e che cominciava a svilupparsi proprio in quel periodo. Di fatto quell’ondata di caldo aveva attivato nelle petunie dei processi epigenetici, alterando i geni del colore introdotti artificialmente. Quell’imprevisto è stato un’ulteriore conferma che l’ambiente può influenzare direttamente l’attività dei geni. Quello che ancora non si sa è come le petunie arancioni siano uscite dal laboratorio e siano finite in commercio.
Questa storia vera, che somiglia alla trama di un romanzo giallo, ha attirato l’attenzione del fotografo Klaus Pichler. Nato nel 1977 a Vienna, dove vive e lavora, Pichler ama queste storie rivelatrici di situazioni più complesse. Per esempio, ora sta lavorando a un progetto ispirato a fatti reali, che però sembrano inventati. Nel 2020, 85mila famiglie statunitensi hanno ricevuto un pacco dalla Cina senza che lo avessero ordinato. Il pacco conteneva dei semi. È probabile che sia stata una brushing scam, una truffa che serve in genere per ottenere false recensioni positive su Amazon e altri siti di commercio online. Il risultato dell’operazione fu il diffondersi sui social network di una tesi complottista che aveva lo scopo di alimentare un sentimento anticinese durante la pandemia. “Secondo me è l’esempio perfetto di come oggi sui social network e sui mezzi d’informazione si diffondono affermazioni molto lontane dalla realtà e le credenze prendono il posto dei fatti”.
Tra vero e falso
Probabilmente è anche per i suoi studi da paesaggista che Pichler s’interessa così tanto alle storie legate alle piante. Nel suo progetto The petunia carnage ci sono per lo più fotografie ricreate in studio con grande precisione, come per esempio quelle degli ispettori della polizia nelle loro tute bianche o dei resti delle petunie nella serra. Poi ha realizzato degli still life simbolici di documenti e dell’attività di laboratorio. Il tutto immerso in una tensione continua tra il vero e il falso.
Queste immagini sembrano troppo belle per essere vere. Guardandole ci chiediamo come il fotografo possa essersi trovato sempre sul posto giusto al momento giusto. È il realismo della fotografia che impone un’adesione totale alla storia. Questo stile cinematografico, in cui
Pichler sviluppa una storia poliziesca piena di colpi di scena, offre anche una riflessione, piena di ironia, sulla presunta verità della fotografia. Il thriller delle petunie è una perfetta visione del mondo in questi tempi di fake news, in cui le immagine fotografiche, che dovrebbero confermare i fatti, per quanto belle, possono rivelarsi delle manipolazioni.
Inoltre, la storia delle petunie arancioni non sembra finita. Bisogna ancora capire se queste piante geneticamente modificate sono veramente pericolose. Nel gennaio 2021 il dipartimento dell’agricoltura statunitense ha stabilito che non lo erano e ha dato la sua autorizzazione alla produzione di petunie transgeniche. Forse un giorno la petunia arancione sarà di nuovo disponibile sul mercato.
Al di là delle apparenze e della sua narrazione mai drammatica, secondo Pichler gli obiettivi del suo lavoro sono evidenti: “Idealmente il progetto è un invito a riflettere su alcuni temi come il futuro della scienza, la produzione di piante a fini commerciali, la cultura dei mezzi d’informazione e le manipolazioni genetiche che saranno protagoniste dei prossimi anni, in particolare dopo la creazione di nuove tecniche di ingegneria genetica. Secondo me un progetto artistico deve combinare divertimento e informazione, in particolare se tratta argomenti seri e importanti, e spero che il mio lavoro possa essere considerato in questo modo”. ◆ adr
◆ The petunia carnage di Klaus Pichler è un libro autoprodotto (klauspichler.net). È tra i finalisti del premio Libro d’autore dell’ultima edizione del festival Les rencontres de la photographie di Arles, in Francia.
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Questo articolo è uscito sul numero 1481 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati