“Per quasi un anno ho preso degli antidepressivi, la mia ragazza è emigrata dopo cinque anni che stavamo insieme e da nove anni faccio il tassista per poter portare avanti questo progetto fotografico”. Si presenta così il fotografo Farshid Tighehsaz, che nella serie Labyrinth documenta la vita di chi è nato dopo la rivoluzione islamica iraniana del 1979. Anche se vuole raccontare una generazione, Tighehsaz ha scelto uno stile lontano dal fotogiornalismo tradizionale, a favore di uno sguardo più personale, spesso onirico e surreale. “Ho fotografato persone che vivono in un mondo dispotico, all’ombra del regime”, dice. Nel suo lavoro, realizzato soprattutto a Tabriz, nel nordovest del paese, si è concentrato sulle conseguenze della crisi economica, come l’aumento della povertà, della disoccupazione e di alcuni disturbi mentali, più diffusi soprattutto tra i giovani, anche a causa del covid-19. La serie ha vinto il premio della rivista francese 6Mois, grazie al quale Tighehsaz potrà continuare a fotografare e a viaggiare in tutto l’Iran: “Le proteste di questi mesi mi danno speranza e mi mettono paura allo stesso tempo. Per ora non posso fotografarle, perché sarebbe pericoloso. Ma spero che il mio progetto si concluderà in un Iran libero”. ◆
◆ Farshid Tighehsaz è un fotografo documentarista nato a Tabriz, in Iran, nel 1987. È rappresentato dall’agenzia di fotogiornalismo VII. Nel 2022 ha vinto la decima edizione del premio assegnato ogni anno dalla rivista francese di fotogiornalismo 6Mois per sostenere il lavoro di fotografi e fotografe di ogni età e nazionalità.
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Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati