Il 13 marzo si sono chiuse a Pechino le cosiddette “due sessioni” o lianghui: l’assemblea consultiva del popolo cinese e l’assemblea nazionale del popolo, che si svolgono quasi in contemporanea. Come ogni anno, circa cinquemila delegati si sono riuniti per una settimana per discutere e approvare la direzione che prenderà la seconda economia mondiale e le nomine ai vertici dello stato. Tutto si è svolto come previsto. Con 2.952 voti favorevoli, nessun contrario e nessun astenuto, è stato conferito un inedito terzo mandato al presidente Xi Jinping. Il numero, diventato simbolo dell’assenza di discussione interna al Partito comunista cinese (Pcc), è già censurato sui social network del paese. Nel suo discorso conclusivo il nuovo premier, l’ex segretario del Pcc a Shanghai Li Qiang, ha affermato che raggiungere l’obiettivo di crescita del 5 per cento del pil non sarà facile, e ha cercato di rassicurare gli imprenditori sulla volontà del partito di tutelare i loro interessi. Altre decisioni importanti sono la riconferma del ministro delle finanze Liu Kun e del governatore della banca centrale Yi Gang nonostante entrambi abbiano raggiunto il limite d’età pensionabile, un segnale che Pechino intende consolidare ancora di più l’uso dello yuan come valuta nelle transazioni internazionali. E poi la promozione a ministro della difesa del generale Li Shangfu, sanzionato nel 2018 dagli Stati Uniti per essere stato a capo di un’agenzia che comprava armi dalla Russia: una dimostrazione del fatto che Pechino non intende abbassare i toni nei confronti di Washington. Come per i vertici del partito, eletti lo scorso ottobre, si nota la pressoché totale assenza di donne tra le persone che hanno ricevuto incarichi: sono appena tre su 34 ministri e consiglieri di stato. Xinhua, China Digital Times ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati