Chinelo Okparanta (Alyssa Schukar, Redux/Contrasto)

Dal 1967 al 1970 lo stato nigeriano del Biafra tentò senza successo di ottenere l’indipendenza in una guerra civile che causò un milione di morti. In Sotto gli alberi di Udala della scrittrice di origine nigeriana Chinelo Okparanta, la protagonista, Ijeoma, è una bambina, spettatrice di quei giorni orribili. Il padre rifiuta per principio di nascondersi nel bunker di famiglia ed è ucciso in un raid aereo. La madre, incapace di sopportare il lutto, crolla. Non tutti sanno essere eroi in tempi difficili. Non sapendo prendersi cura della figlia, affida Ijeoma a un amico di un’altra città, un insegnante di scuola elementare, e a sua moglie perché la facciano lavorare come domestica. Lì Ijeoma incontra Amina, una ragazza ancora più alla deriva di lei, separata dalla sua famiglia nel nord del paese. Ijeoma convince l’insegnante ad assumere la sua nuova amica come seconda domestica. Da quel momento le due ragazze s’innamorano di un amore così giovane e carnale, così lontano da tutto ciò che conoscono, che potrebbero averlo inventato. La storia ricorda molto i romanzi lesbici statunitensi degli anni cinquanta. Ijeoma fa la classica trafila dell’essere queer in una società benpensante: reprimere il desiderio, cedere a esso, perdere un’amante a causa delle convenzioni, accettare la pessima idea di un matrimonio forzato, trovare un bar in cui incontrare altre lesbiche, sentire l’incredibile energia che dà lo sfiorare le dita giuste. Le due ragazze sono ovviamente scoperte in un momento di intimità e subito allontanate. Amina rimane con l’insegnante, mentre la madre di Ijeoma è chiamata per riprendersi la figlia e farle cambiare idea. All’inizio non capisce quale sia il problema e Ijeoma è costretta a spiegarlo. Armata di cristianesimo, la madre aggredisce il lesbismo in erba della ragazza con lo studio quotidiano della Bibbia. È chiaro che Ijeoma ha davanti a sé un lungo cammino per convincere sua madre e capire come essere se stessa in una cultura profondamente conservatrice. Ci sono pochi fronzoli stilistici: Okparanta preferisce farsi da parte e permettere a Ijeoma di raccontare la sua storia, dando al romanzo un’atmosfera intima.
Carol Anshaw, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati