Nel 2022 circa 1,2 milioni di persone si sono trasferite nel Regno Unito, una delle cifre più alta di sempre. Il tasso netto di migrazione (il numero degli immigrati meno quello degli emigrati) verso l’Australia è il doppio rispetto al periodo precedente alla pandemia. Si prevede che quest’anno arriveranno negli Stati Uniti quasi 1,4 milioni di persone, un terzo in più rispetto al 2019. Nel 2022 la migrazione netta verso il Canada è più che raddoppiata rispetto all’ultimo dato registrato; in Germania è stata ancora più alta rispetto al periodo della crisi migratoria del 2015. Il mondo ricco sta vivendo un boom migratorio senza precedenti. La sua popolazione nata all’estero sta crescendo più di qualsiasi altro periodo nella storia.
Cosa significa per l’economia globale? Fino a poco tempo fa sembrava che molti paesi ricchi fossero decisamente contrari alle migrazioni di massa. Nel 2016 i britannici votarono a favore della Brexit e gli statunitensi per Donald Trump, due scelte con forti sfumature antimigratorie. Nella successiva ondata globale di populismo in tutto il mondo, dall’Australia all’Ungheria, i politici hanno promesso di inasprire i controlli sui flussi migratori. Poi il covid ha portato alla chiusura delle frontiere. Le migrazioni si sono fermate o addirittura hanno invertito la rotta, perché molte persone hanno deciso di tornare nel paese d’origine. Tra il 2019 e il 2021 le popolazioni del Kuwait e di Singapore, luoghi di destinazione di molti migranti, sono diminuite del 4 per cento. Nel 2021 in Australia, per la prima volta dagli anni quaranta del novecento, il numero di emigrati ha superato quello degli immigrati.
In alcuni posti l’aumento delle migrazioni ha rappresentato un ritorno alla normalità. Di recente la manodopera straniera a Singapore è tornata ai livelli precedenti alla pandemia. In altri luoghi rappresenta invece un cambiamento drastico. Prendiamo il caso di Terranova e Labrador, la penultima provincia del Canada per numero di abitanti. A lungo abitata da discendenti di immigrati irlandesi, oggi il suo tasso netto di migrazione supera di venti volte i livelli del 2019. La capitale St. John’s, un tempo abbastanza omogenea, somiglia sempre più a Toronto. Heart’s Delight, un paesino rurale, ora ha un fornaio ucraino. L’amministrazione provinciale sta per inaugurare un ufficio a Bangalore per reclutare infermiere.
Il tempo perduto
In parte l’aumento delle migrazioni è dovuto al fatto che le persone stanno recuperando il tempo perduto. Molte hanno ottenuto i visti nel 2020 e nel 2021, ma sono riuscite a mettersi in viaggio solo dopo l’allentamento delle restrizioni dovute al covid. Ora però la popolazione d’origine straniera nei paesi ricchi ha superato i livelli precedenti alla pandemia, e questo suggerisce che sta succedendo qualcosa di diverso. Il fenomeno è dovuto anche alla natura dell’economia post-pandemica. La disoccupazione nel mondo ricco è al 4,8 per cento e non è mai stata così bassa negli ultimi decenni. Le aziende cercano disperatamente personale. Ci sono quindi ottime ragioni per mettersi in viaggio. Un altro fattore potrebbero essere le valute. Oggi una sterlina britannica vale più di cento rupie indiane, nel 2019 novanta. Dall’inizio del 2021 le monete dei paesi emergenti si sono svalutate in media del 4 per cento rispetto al dollaro. Questo vuol dire che i migranti riescono a mandare a casa più soldi che in passato.
Molti governi poi stanno cercando di attirare più persone. Il Canada ha dichiarato di voler accogliere 1,5 milioni di nuovi residenti tra il 2023 e il 2025. La Germania e l’India hanno firmato un accordo grazie al quale un numero maggiore di indiani potrà lavorare e studiare nel paese europeo. L’Australia sta per aumentare il periodo di tempo in cui alcune categorie di studenti stranieri possono lavorare nel paese dopo la laurea, portandolo da due a quattro anni. Il Regno Unito ha accolto più di centomila persone di Hong Kong in fuga dall’oppressione cinese. Molti paesi hanno facilitato l’ingresso agli ucraini. Anche stati finora ostili alle migrazioni, come il Giappone e la Corea del Sud, stanno maturando posizioni più favorevoli a chi viene da fuori, per contrastare l’invecchiamento della popolazione.
Le economie che accolgono molti migranti tendono ad avere benefici nel lungo periodo. Secondo un saggio pubblicato insieme da Pierre Azoulay e alcuni colleghi del Massachusetts institute of technology, negli Stati Uniti gli immigrati hanno l’80 per cento di probabilità in più di creare un’impresa rispetto a chi è nato nel paese. Le ricerche suggeriscono che gli stranieri hanno anche contribuito a creare legami commerciali e d’investimento tra i paesi d’origine e quelli d’accoglienza. La presenza di lavoratori giovani inoltre genera maggiori entrate fiscali.
Alcuni economisti sperano che l’ondata di migrazioni abbia anche dei benefici più immediati. Per esempio, potrebbe contribuire a “raffreddare il mercato del lavoro e rallentare l’inflazione”, afferma Torsten Slok, del fondo d’investimento Apollo Global Management. Simili argomentazioni, però, potrebbero essere un po’ troppo ottimistiche. Non ci sono molte prove del fatto che nei paesi che accolgono più migranti ci sia un mercato del lavoro meno rigido. In Canada, per esempio, gli stipendi continuano ad aumentare del 5 per cento circa all’anno. Gli immigrati inoltre fanno crescere la domanda di beni e servizi, cosa che può portare a un aumento dell’inflazione. Nel Regno Unito pare che i nuovi arrivati stiano facendo aumentare i prezzi degli affitti a Londra, dove si registra già una carenza di alloggi. E un effetto simile si nota anche in Australia dove, secondo la banca Goldman Sachs, l’attuale tasso netto di migrazione annuale, pari a 500mila persone, sta facendo aumentare i prezzi degli affitti del 5 per cento, contribuendo a far lievitare i prezzi al consumo. La domanda legata agli stranieri può inoltre spiegare come mai, nonostante tassi d’interesse più alti sui mutui, i prezzi delle case in molti paesi ricchi non siano scesi più di tanto.
Nel 2024 le migrazioni potrebbero rallentare. Si esaurirà l’effetto dell’uscita dalla pandemia. Ma ci sono buone ragioni per credere che continueremo a vedere ancora per un po’ livelli storicamente alti di nuovi arrivi. Questo è in parte dovuto a una politica più accogliente. E, cosa più importante, la migrazione di oggi genera quella di domani, poiché i nuovi arrivati portano con sé la famiglia. Tra non molto la stretta anti-immigrati degli ultimi anni sembrerà un’aberrazione. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 107. Compra questo numero | Abbonati