Il 10 luglio l’esercito del Sudan, guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan, non ha mandato nessun rappresentante in Etiopia, dove l’organizzazione Intergovernmental authority on development (Igad) aveva programmato dei colloqui tra le parti sudanesi in conflitto. I paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) avevano accettato d’inviare un loro portavoce, mentre Al Burhan ha rifiutato l’invito in polemica con il governo del Kenya. L’ong Acled ha calcolato che circa tremila persone sono state uccise dal 15 aprile, ma il bilancio reale potrebbe essere più alto. I combattimenti proseguono nella capitale Khartoum e a El Obeid, nel Nord Kordofan, scrive The East African. La situazione è preoccupante anche nel Darfur Occidentale. Secondo Human rights watch, alla fine di maggio almeno 28 persone sono state uccise dalle milizie arabe e dai paramilitari delle Rsf che avevano fatto in un’incursione nel villaggio di Misterei. Il centro abitato, dove la maggioranza appartiene al gruppo etnico masalit, è stato distrutto.
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Questo articolo è uscito sul numero 1520 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati