Nei mesi precedenti all’invasione russa dell’Ucraina molti leader europei hanno nascosto la testa sotto la sabbia, rifiutandosi di ammettere la minaccia di una guerra incombente. Ora che il conflitto è entrato nel terzo anno non osano parlare di pace.

Quando il papa ha ventilato l’idea che potrebbe essere necessario negoziare, ha sollevato una questione di cui quasi nessuno voleva discutere. Le sue osservazioni sono inoltre arrivate in un momento particolarmente difficile per Kiev. La tanto attesa controffensiva dello scorso anno non ha portato progressi decisivi e la Russia sta guadagnando terreno. Nel frattempo il supporto occidentale, in particolare quello degli Stati Uniti, si è improvvisamente fatto incerto. L’ex presidente Donald Trump si sta conquistando un’altra candidatura alla Casa Bianca e i governi europei stanno esaurendo le munizioni.

Alla luce di questa situazione, il papa ha articolato una domanda che probabilmente sarà ripetuta più e più volte nei prossimi mesi: è il momento di pensare seriamente a negoziare con Vladimir Putin? È un interrogativo che scatena una reazione piena d’orrore in molti funzionari occidentali. “Alcuni paesi dell’Europa centrale sono molto sensibili all’ipotesi di una conferenza di pace”, spiega un funzionario dell’Unione europea. “Temono sempre che i prossimi a essere sacrificati a Putin saranno loro”. Per gli ucraini i colloqui di pace sono fuori discussione finché al potere c’è Putin. “Non c’è motivo di credere che rinuncerà a prendersi Kiev solo perché gli avremo concesso la Crimea, il Donbass o Cherson”.

La guerra, in cui sono morti almeno trentamila soldati e diecimila civili ucraini, ha anche trasformato il contesto della sicurezza in Europa: Svezia e Finlandia sono entrate nella Nato e i governi stanno rafforzando la difesa con un aumento delle spese militari e una maggiore cooperazione. L’Ucraina e gli alleati europei sanno però che i loro sforzi sono destinati a uno stallo senza la cosa più importante: il sostegno degli Stati Uniti. A Washington l’argomento dei negoziati non è un tabù. Trump ha detto che lui metterebbe fine alla guerra in ventiquattr’ore. Londra invece – tradizionalmente il più stretto alleato militare degli Stati Uniti – non accetta negoziati. Un uomo vicino al primo ministro Rishi Sunak ha detto che Regno Unito ed Europa vogliono raddoppiare gli aiuti all’Ucraina e dimostrare a Trump e ai repubblicani che questa guerra si può vincere.

Anche in Germania e in Francia i funzionari sono riluttanti a un negoziato con Putin. I diplomatici dell’Europa occidentale non vogliono neppure discutere di un piano in caso di ritiro del sostegno di Wash­ington, temendo che solo il fatto di parlarne possa rendere questa ipotesi più plausibile. Secondo un diplomatico europeo sarebbe “un segnale politico non solo per Putin ma anche per il dibattito in corso al congresso”. Nelle ultime settimane il presidente francese Emmanuel Macron ha irrigidito ulteriormente la sua posizione contro la Russia, sollecitando gli alleati a non essere “codardi” e avvertendoli che lui non esclude l’invio di truppe di terra per combattere contro i russi se necessario.

In pubblico Putin ha detto di essere aperto ai negoziati per mettere fine alla “tragedia” della guerra. A novembre durante il G20 aveva ventilato l’ipotesi di un cessate il fuoco e a gennaio ha dichiarato in un’intervista di non opporsi al dialogo. Secondo la Reuters, funzionari russi hanno avvicinato con discrezione degli esperti dell’amministrazione statunitense per sondare il terreno in vista di una tregua, ma questi approcci sono stati respinti.

La verità è che tra i due fronti le distanze sono incolmabili. Kiev chiede a Mosca la restituzione di tutti i territori annessi dal 2014 oltre a un risarcimento economico. Il Cremlino, dal canto suo, non prende in considerazione l’ipotesi di restituire le quattro regioni ucraine su cui esercita un parziale controllo dopo il 2022. Al contrario, chiede all’Ucraina di disarmarsi, porre fine ai tentativi di entrare nell’Unione europea e nella Nato e tornare nella sfera d’influenza russa.

In privato alcuni rappresentanti dei governi europei ammettono che alla fine sarà necessario negoziare. Secondo il funzionario europeo citato, sebbene “l’idea” di un colloquio di pace sia “impensabile” per paesi che temono di poter essere il prossimo obiettivo di Putin, i più oltranzisti alla fine potrebbero restare delusi: “Bisogna essere realisti; a un certo punto dovremo cominciare a parlare di pace e forse anche rinunciare a un pezzo di territorio”. ◆ gim

Questo articolo è stato scritto con i contributi dei giornalisti di Politico Sam Blewett, Dan Bloom, Emilio Casalicchio, Clea Caulcutt, Aitor Hernández-Morales, Stuart Lau, Veronika Melkozerova, Barbara Moens e Tim Ross.

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Questo articolo è uscito sul numero 1555 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati