Gli anni ottanta non erano un buon momento per essere gay in Cina. In risposta alla tendenza occidentale alla tolleranza Pechino aveva lanciato una campagna contro l’omosessualità, definita “teppismo” pur di non nominarla neanche. Cinema love, il romanzo d’esordio dello scrittore cinese Jiaming Tang, che vive negli Stati Uniti, si ambienta proprio in questo contesto storico. Nella città di Fuzhou gli uomini frequentano il Cinema dei lavoratori di Mawei – “Un biglietto, non importa per quale film” – per incontrare nel buio altri uomini. Tra questi c’è il protagonista, conosciuto col nome di Secondo, allontanato dalla sua famiglia perché è stato visto in compagnia di un altro ragazzo. Perfino i suoi fratelli non l’hanno salutato quando è dovuto partire per la città. Al cinema Secondo conosce il suo futuro compagno, Shun-Er. Vivere ai margini della società non è facile: il cinema viene chiuso, Shun-Er muore e, come molti gay cinesi di quel periodo, Secondo emigra negli Stati Uniti dove si sente più sicuro. Doppiamente al sicuro perché è con Bao Mei, la bigliettaia del cinema che decide di sposarlo per lasciare il paese con lui. La storia poi si fa sempre più complicata. Il linguaggio a volte è brutale come i tempi che descrive (“checche”, “finocchi”) e le donne soffrono quanto gli uomini. Cinema love è una lettura avvincente su “quei disgraziati sognatori che non desideravano altro che vivere senza paura”.
John Self, The Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1579 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati